Una sola capitale, ma ogni città adesso vale

Per oltre sessant’anni, in Ticino, nella Costituzione fu ancorato il principio del capoluogo itinerante. Secondo l’Atto di Mediazione napoleonico avrebbe dovuto essere Bellinzona, ma i luganesi insorsero. Così dopo un decennio, e fino al 1878, si introdusse la rotazione ogni sei anni fra la prima, Locarno e la Città sul Ceresio. Che la Lega, con un sussulto d’orgoglio camuffato da ironia, in vista del 14 aprile ha riempito di cartelloni che recitano «Lugano è la capitale!». Di sicuro avranno strappato un sorriso a Mario Branda. La «sua» Turrita, di cui è sindaco dal 2012 e che si appresta a governare per un altro (l’ultimo, verosimilmente) quadriennio, con l’unione ha gettato le fondamenta per crescere a vantaggio dell’intero Cantone. È nuova, ma non grande, è il suo mantra.
Le sette candeline spente nelle scorse ore fanno della Bellinzona aggregata una città che «non dice il suo passato, ma lo contiene come le linee di una mano», prendendo in prestito le parole di Italo Calvino. I due Municipi che si sono succeduti finora hanno preso a carico la storia interpretando il presente e prodigandosi per costruire il futuro. Fra una dozzina di giorni dell’Esecutivo che uscirà dalle urne faranno con ogni probabilità ancora parte lo stesso timoniere socialista, Giorgio Soldini e Mauro Minotti, i quali erano stati plebiscitati il 2 aprile 2017 alle prime elezioni. Con loro si accomoderanno – salvo clamorosi ribaltoni – altri tre municipali entrati nel 2021 (Fabio Käppeli, Renato Bison ed Henrik Bang). L’unico volto nuovo sarà quello di chi prenderà il posto dell’attuale vicesindaco e consigliere nazionale Simone Gianini. Il PLR dovrebbe difendere senza troppi patemi d’animo la poltrona.
Si va insomma verso un consesso fotocopia, nella ripartizione partitica, che raccoglierà i frutti del lavoro svolto. Come la tartaruga della favola di Esopo, la Turrita è partita lentamente ma ora sembra aver ingranato la marcia giusta che la porterà – entro 10-20 anni – ad avere un ruolo chiave in un Ticino innovativo, dinamico, sostenibile, attento al sociale, dalla buona qualità di vita ed economicamente solido (o perlomeno con i conti in equilibrio, che sarebbe già un successo).
Le sue carte da giocare le avrà anche Locarno. Le sfide principali che attendono il rinnovato Municipio «orfano» di Alain Scherrer in cabina di regia sono principalmente due. La prima è quella di condurre in porto l’aggregazione. Il prospettato matrimonio con Lavertezzo dovrà essere solo un antipasto. Secondariamente la Città del leone rampante vuole confermarsi regina a livello turistico attraverso il riordino degli spazi pubblici fra il Debarcadero e la Rotonda, la lungimiranza di alcuni imprenditori privati, la rinascita dall’area a lago e la volontà di puntare sui congressi. Sarà un quadriennio impegnativo ed altresì difficile, in quanto l’Esecutivo necessiterà di una fase di rodaggio. Ne faranno parte, infatti, almeno tre volti nuovi. E con il liberale radicale Nicola Pini che dovrebbe indossare i panni di sindaco dopo un «apprendistato» di soli tre anni. Cambierà infine, come nell’altro polo sopracenerino, pure il vice alla luce dell’uscita di scena di Giuseppe Cotti.
Bellinzona e Locarno, come Lugano e gli altri centri, stanno dando il loro apporto alla concretizzazione del Ticino che verrà. Fanno leva sulle specificità che li distinguono. Ognuno, a suo modo, si sente la capitale di qualcosa. Non resta ora che appianare i malumori sorti per la riforma fiscale che ha fatto storcere il naso a più di un Comune. A ben guardare, pertanto, il «vero» 14 aprile sarà il 9 giugno, quando si voterà sulla modifica della legge tributaria. Dei buoni rapporti sono alla base di ogni legame solido e duraturo.