Economia

«Trump ci sta colpendo come il Covid»

L'industria meccanica è bloccata in Ticino per l'effetto-dazi – E deve ricorrere al lavoro ridotto
©Gabriele Putzu
Davide Illarietti
01.06.2025 15:15

Sembrano lontani anni luce. Ma non c’è luogo migliore di una piccola fabbrica meccanica del Sottoceneri per capire gli effetti delle «sparate» di Trump e annessi e connessi sull’economia globale. Mercoledì la sentenza della Corte commerciale Usa ha dichiarato «incostituzionali» i dazi (colpo di scena) e il giorno dopo la sentenza è stata sospesa (secondo colpo di scena) dietro ricorso della Casa Bianca: in tutto questo Nicola Tettamanti nel suo ufficio a Mezzovico è rimasto incollato al computer, in uno stato di febbricitante ansia di notizie.

«Siamo sulle montagne russe da settimane ormai» spiega il titolare della Tecnopinz, cinquanta dipendenti, azienda di famiglia alla terza generazione. «In questa situazione di incertezza l’unica cosa certa è che gli investimenti sono fermi e il danno economico è enorme». Alla Tecnopinz ne sanno qualcosa: l’azienda è in lavoro ridotto da alcuni mesi e i dipendenti lavorano a rotazione. «Una situazione di incertezza economica come questa l’abbiamo vista solo durante la pandemia da Covid» afferma Tettamanti. Nel mese di aprile gli ordinativi sono calati del 30-50 per cento, a seconda dei clienti e del settore.

«Chiedere a un’azienda di investire in queste circostanze è come provare a convincere un dipendente a comprarsi un’auto nuova, proprio ora che è in lavoro ridotto» esemplifica Tettamanti, che è presidente dell’associazione di categoria dell’industria meccanica Swissmechanic e ha il polso del settore in Ticino e in tutta la Svizzera. Le condizioni, avverte, sono ovunque le stesse e la Tecnopinz non è affatto un’eccezione.

Calo diffuso di fatturato

Secondo un’indagine pubblicata mercoledì da Swissmechanic circa il 17 per cento delle industrie meccaniche svizzere erano già in regime di lavoro ridotto a inizio aprile: un numero importante, che ci aspetta aumenti (e di molto) con la guerra commerciale in corso. Quattro su dieci riferiscono un calo di ordinativi e fatturato rispetto al 2024. I margini sono in discesa libera addirittura da 11 trimestri consecutivi. Su tutta la filiera gli investimenti sono fermi, in attesa di capire gli sviluppi: quasi un terzo delle circa 1.350 piccole e medie imprese meccaniche svizzere («un pilastro dell’economia nazionale» ricorda Tettamanti) hanno in programma di ampliare le capacità produttive, ma restano paralizzate dell’incognita-dazi.

Le tecnologie made in Switzerland e made in Ticino - uno dei cantoni più esposti verso gli Stati Uniti per giro d’affari, in particolare per il peso del settore dell’oro - sono toccate in maniera indiretta: l’industria meccanica rifornisce aziende altamente orientate all’esportazione, è un effetto a cascata su cui pesa anche la forza ormai cronica del franco. «Usciamo da due anni difficili, in cui alla crisi dell’automotive europeo è seguito il forte rallentamento dell’orologeria, due sbocchi importanti per la nostra meccanica di precisione» prosegue Tettamanti. «A marzo finalmente iniziavamo ad avere delle percezioni positive e dei segnali di apertura da parte dei clienti. L’annuncio dei dazi da parte di Trump è stata letteralmente una doccia fredda».

Ulteriore sostegno da Berna

È il motivo per cui le organizzazioni dell’industria hanno chiesto alla Confederazione di estendere da 18 a 24 mesi la finestra del lavoro ridotto, una stampella fondamentale che ha impedito finora licenziamenti in massa nel settore. La scadenza di giugno - per le imprese che hanno chiesto e ottenuto le indennità a partire da fine 2023 - è tutt’altro che un porto sicuro: le acque sono ancora decisamente agitate. «Nel nostro settore il personale è un vero valore aggiunto e il livello di competenza è molto alto, per cui le aziende ci pensano dieci e cento volte prima di rinunciare alla manodopera specializzata» assicura Tettamanti. Manodopera di cui per altro le aziende «sono in perenne carenza e alla continua ricerca, chiaramente laddove le condizioni di mercato lo permettono».

I dati mostrano in realtà che i «picchi» negativi del Covid sono ancora lontani, per fortuna: a marzo 2020 le aziende che usufruivano in Ticino del lavoro ridotto erano passate da 14 a 12.511 in appena un mese. A febbraio scorso erano ancora solo 17. La statistica - fanno sapere dal Dfe - viene aggiornata ogni due mesi: l’effetto-Trump si vedrà quindi con due mesi di ritardo. Sperando non sia altrettanto devastante.

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