La polemica

«Un figlio gay come un figlio milanista? Da La Russa parole banali e avvilenti»

Federico De Angelis, co-coordinatore di Imbarco Immediato, commenta le parole del presidente del Senato italiano durante l'intervista di Francesca Fagnani, che hanno scatenato una valanga di critiche ancor prima della messa in onda – Dov'è il problema?
© Rai2 - Belve
Jenny Covelli
22.02.2023 12:00

«Accetterei con dispiacere la notizia. È come se mio figlio fosse milanista». Sono le parole di Ignazio La Russa, presidente del Senato italiano, in risposta a una precisa domanda: «Cosa proverebbe se suo figlio venisse a dirle che ha capito di essere omosessuale?». Parole che nella vicina Penisola (e non solo) hanno scatenato una valanga di dissensi, soprattutto online, e questo ancora prima di andare in onda. Ieri, infatti, sono stati resi noti alcuni stralci dell'intervista di 34 minuti della conduttrice di Belve, Francesca Fagnani, poi andata in onda ieri sera su Rai2.

Lo spezzone incriminato

Un'intervista a tutto campo, come si suol dire, in cui la giornalista ha spaziato con le sue domande tra passato e presente, politica e vita privata, interessi e idee personali. E ha toccato anche l'aspetto familiare del presidente del Senato italiano, il suo essere marito e padre di tre figli. «Che padre è lei?». «Cerco di recuperare con la qualità la mancanza di quantità. Però, sono un padre attento». Quindi, la questione: «Senta, ma se suo figlio venisse da lei a dirle che ha capito di essere omosessuale... Non le chiedo come reagirebbe, ma che cosa proverebbe?». E la risposta (incriminata): «Beh, dico la verità, accetterei con dispiacere la notizia. Se vuole che sia sincero. Ma la accetterei. Perché credo che una persona come me, eterosessuale, vuole che il figlio gli assomigli. Però, se poi non mi assomiglia, pazienza. È come se mio figlio fosse milanista». Con un ampio sorriso. «Cioè - ha aggiunto la conduttrice - il dispiacere perché? Perché non le assomiglia, o per altro?». «Perché non mi assomiglia, perché ha preso una strada diversa dalla mia. Le ho fatto un paragone preciso».

Le critiche (preventive)

Già dalla mattina di ieri, ribadiamo, circolava un video di una quarantina di secondi. Un'anticipazione, che ha generato decine di reazioni e di commenti. Dalla politica e non solo. Su Twitter l'hashtag #LaRussa è entrato in tendenza. Le associazioni per i diritti LGBTQI+ hanno definito offensivo e discriminatorio quanto detto dal presidente del Senato italiano. E anche alcuni esponenti politici ne hanno approfittato per dire la loro. «L’unica sciagura per le famiglie italiane è avere la seconda carica dello Stato che fa dichiarazioni omofobe, sessiste, e nostalgiche dimostrando la totale inadeguatezza al ruolo istituzionale che ricopre», ha scritto Elly Schlein, candidata alla segreteria del PD. Elio Vito, ex parlamentare di Forza Italia, ha twittato: «Immagino come devono sentirsi stamane i ragazzi e le ragazze omosessuali dopo aver sentito dalla seconda carica dello Stato che hanno dato un dispiacere ai propri genitori». Per Azione «le parole di La Russa sono inaccettabili, trasudano superficialità e pregiudizio. È imbarazzante che la seconda carica dello Stato abbia un'idea di Paese arretrata e non si renda conto che così si getta benzina sul fuoco dell'omofobia a discapito della comunità LGBTQI+». Il deputato del Partito Democratico e padre del decreto legge contro l’omotransfobia mai approvato dal Parlamento, Alessandro Zan, ha scritto su Twitter: «Avere un padre con i busti di Mussolini in camera da letto è sempre un dispiacere» (in riferimento al dono del padre di La Russa, pure menzionato nell'intervista, ora in casa della sorella, ndr.). Parlando con LaPresse, ha aggiunto: «La seconda carica dello Stato non può e non deve pronunciarsi in modo così discriminante e offensivo. Paragonare l’orientamento sessuale di una persona che è una cosa che una persona non sceglie con una tifoseria calcistica lo trovo molto deprimente oltre che offensivo. Nelle sue parole c’è omofobia».

Subissato di giudizi di biasimo e disapprovazione, lo stesso La Russa è intervenuto ieri (prima della messa in onda) per replicare: «Leggo critiche da chi non ha neanche visto il programma. A una domanda specifica ho risposto che avere un figlio gay sarebbe un piccolo dispiacere, ma non un problema. Poi mi è capitato sul serio: uno dei miei figli andava allo stadio a vedere il Milan, e per me è stato un piccolo dispiacere, nulla di più».

Quando si ricoprono certe cariche, bisognerebbe soppesare ogni parola

Insomma, il presidente del Senato italiano ha confermato la sua versione: «Un dispiacere, non un problema». Per Ignazio La Russa il «paragone preciso» con la sua conosciuta forte fede calcistica (è interista) è azzeccato. Perché, allora, questa indignazione generale, anche oltre i confini nazionali? Perché si tratta di parole di un politico influente? Come viene percepito, da chi da anni porta avanti i diritti delle persone LGBTQI+, il paragone tra «un figlio gay» e «un figlio milanista»? E chi dice che «al giorno d'oggi, con il politically correct, non si può può dire nulla» ha ragione? Abbiamo posto queste domande a Federico De Angelis, co-coordinatore di Imbarco Immediato, associazione creata da gay e lesbiche nel 2006, a Bellinzona, il cui obiettivo è creare spazi di incontro, confronto per tutta la comunità omosessuale, bisessuale, transgender ed eterosessuale della Svizzera italiana, nonché mettere in atto tutte le manifestazioni che possano sostenere e promuovere la piena dignità di ogni persona, nel proprio percorso di identità sessuale. «Di base, il concetto di indignazione in questo caso è proprio per la persona che ha espresso il discorso - ci spiega -. Si tratta della seconda carica dello Stato italiano dopo il presidente della Repubblica. Quando si ricoprono certe cariche, bisognerebbe soppesare ogni parola. Quello che emerge è una semplificazione e banalizzazione di un coming out in famiglia che va a strizzare l'occhio all'omofobia latente che ogni tanto si manifesta in gesti eclatanti. E queste parole vanno a banalizzare e in qualche modo ad assecondare proprio quei gesti».

Da attivista, De Angelis trova «avvilente come esponenti così importanti possano fare certe dichiarazioni che vanno a ledere i diritti dei cittadini che dovrebbero essere tutelati dalle istituzioni. Senza discriminazioni di etnia, sesso, religione, orientamento sessuale, ecc...». Anche se Ignazio La Russa ha espresso un parere personale, relativo alla sua sfera privata. «Non è una esagerazione, perché comportamenti del genere possono rendere più difficile un coming out in famiglia. Sia confessarlo, sia accettarlo da parte di un genitore, soprattutto se già in difficoltà nel ricevere tale notizia. Quando un figlio dovrebbe solo essere amato incondizionatamente, indipendentemente dall'orientamento sessuale o... dalla fede calcistica».

«Si nasce tali e così si è»

In Italia, ormai da due giorni, è scontro politico. Ma per l'attivista co-coordinatore di Imbarco Immediato la questione è un'altra. E può essere riassunta con la parole di Fabrizio Marrazzo, portavoce Partito Gay: «La Russa prima ha detto che gli dispiacerebbe avere un figlio gay e poi ha aggiunto che il dispiacere sarebbe paragonabile a quello di avere un figlio che tifa Milan e non Inter. Ma essere milanista o interista è una scelta, mentre essere lesbica, gay, bisessuale o trans non lo è. Si nasce tali e così si è. Dunque se La Russa avesse avuto un figlio che invece di essere biondo fosse stato bruno con gli occhi scuri gli sarebbe dispiaciuto? Queste frasi pronunciate come presidente del Senato sono davvero molto gravi, perché significa che un figlio omosessuale è un dispiacere. Purtroppo, oggi non esiste una legge contro l’omofobia e quella di La Russa risulta come una libera espressione, anche se si tratta di frasi gravissime. Ora un padre si sente giustificato da La Russa a essere dispiaciuto, e quindi a non accettare, che il proprio figlio sia gay, lesbica, bisessuale o trans. Non è solo un fatto gravissimo ma è offensivo e ridicolo paragonarlo alle tifoserie calcistiche. L’orientamento sessuale non si cambia, non è una scelta e va quindi profondamente rispettata. Affermare che si delude è offensivo e discriminatorio».