Territorio

Un lupo è stato abbattuto ma i problemi restano

Un giovane esemplare è stato ucciso lunedì sera da un guardiacaccia in territorio di Aquila: faceva parte del branco della Valle di Blenio – Resta in vigore un’autorizzazione cantonale per l’autore delle predazioni di tre bovini, ma la situazione è ingarbugliata e non soddisfa appieno Claudio Zali
Giona Carcano
01.12.2022 19:00

«Uno in meno». Alla notizia dell’abbattimento di un giovane lupo in Valle di Blenio gli allevatori ticinesi hanno tirato un sospiro di sollievo. «Almeno si sta muovendo qualcosa», dicono. Per loro, dopo un anno complicatissimo a livello di predazioni, si tratta di un segnale positivo. Un segnale, appunto, arrivato dalle autorità cantonali che si sono attivate dapprima chiedendo all’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) l’autorizzazione, poi andando fisicamente a cercare il grande predatore.

È stato un guardiacaccia – munito di visore notturno – a ucciderlo lunedì sera, attorno alle 21.30, in territorio di Aquila, in prossimità dell’abitato e a un centinaio di metri di distanza da una stalla con delle pecore. Come detto, si tratta di un giovane esemplare, parte del nuovo branco della Valle di Blenio. Dettaglio da non trascurare: il cucciolo era accompagnato da un esemplare più grande, probabilmente uno dei due genitori. «Senza la presenza di un altro membro del branco il guardiacaccia non avrebbe potuto abbatterlo», sottolinea Claudio Zali, direttore del Dipartimento del territorio. L’autorizzazione all’abbattimento dell’UFAM (necessaria perché si andava a toccare un branco) conteneva infatti una serie di vincoli molto restrittivi. «Tutti gli elementi richiesti erano soddisfatti», rileva ancora il presidente del Governo. «In particolare, dovevano essere preservati i genitori, mentre l’abbattimento doveva avvenire vicino a un luogo suscettibile di predazioni».

Come detto, anche la contemporanea presenza di un altro esemplare del branco era uno dei criteri da osservare. Per quale motivo? «Lo scopo, secondo le regole dietrologiche dell’UFAM che personalmente non condivido, è appunto quello di educare il resto del gruppo tramite l’abbattimento di uno dei suoi membri», risponde Zali.

Norme che si sovrappongono

Il Ticino ha quindi appena registrato il primo abbattimento dal ritorno del lupo, oltre vent’anni fa. Ma, probabilmente, non sarà l’ultimo. Al di là di ciò che potrebbe accadere in primavera, con l’uscita dei capi dalle stalle, resta in vigore un’altra autorizzazione. Quella concessa dopo l’uccisione di tre bovini in agosto e in ottobre nel comprensorio del branco della Valle di Blenio. Un’autorizzazione, in questo caso, del Cantone, competente in materia trattandosi di danni accertati ad animali da reddito. Ed è qui che casca l’asino. «La possibilità di abbattere M187, l’autore delle predazioni dei bovini, resta in vigore, a condizione però che non si tratti di un parente del lupo ucciso lunedì», chiarisce ancora Zali. «Questo perché l’autorizzazione federale impone, come visto prima, di preservare i genitori del giovane lupo». Di conseguenza – se l’esame del DNA della carcassa del giovane lupo confermasse una parentela con M187 – verrebbe automaticamente a cadere l’autorizzazione cantonale per l’esemplare adulto. «Se gli avessimo ammazzato il figlio, lui sarebbe sufficientemente punito e se la caverebbe», aggiunge il consigliere di Stato con una punta di ironia. «Il lupo pericoloso rimane quello grande, invece mi hanno fatto abbattere uno che non lo è ancora». Nell’attesa dei risultati del DNA da parte dell’Istituto per lo studio della fauna ittica e selvatica, non si cercherà M187: troppo elevato il rischio di violare le norme federali in materia. Una situazione che, nel suo complesso, non soddisfa Zali. «La decisione di un’autorizzazione cantonale per abbattere M187 era l’unica che potevamo prendere», sottolinea Zali. «La scoperta del branco ha però rimescolato le carte, anche se in seguito ci siamo avvalsi comunque della facoltà di abbattere il giovane lupo. Più in generale, noto con piacere che finalmente qualcosa si sta muovendo a livello federale per rendere meno difficile l’abbattimento dei lupi in Svizzera». Tuttavia, il direttore del DT è preoccupato dalla recente notizia della Convenzione di Berna, che ha negato al DATEC la possibilità di declassare il lupo da specie «rigorosamente protetta» a specie «protetta». «Il Cantone è legato al diritto federale, ma il diritto federale è legato al diritto internazionale», spiega Zali. «La risposta negativa della Convenzione di Berna è dunque preoccupante, perché ci impone di mantenere una linea di grande protezione. Una situazione inconciliabile, perché il lupo non è più in via d’estinzione. Anzi, prolifera non avendo nemici naturali. Torno a chiedere alla Confederazione delle regole più chiare e flessibili. Soprattutto meno macchinose. C’è una procedura che sembra fatta apposta per non intervenire».   

Una primavera difficile

Regole o non regole, come visto, gli allevatori si tengono stretta l’uccisione del primo lupo in Ticino. «Se siamo contenti? Sì», risponde Omar Pedrini, presidente dell’Unione contadini ticinesi. «Ad ogni modo il problema resta: i lupi, in Ticino, sono troppi. In questo periodo non ci sono predazioni, i capi sono all’interno delle stalle. Ma cosa accadrà l’anno prossimo? Secondo me la situazione peggiorerà ulteriormente. Ci aspettiamo una primavera difficile».   

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