Un milione di sicurezze per Palazzo di Giustizia
Per la «safety» di Palazzo di Giustizia il Cantone intende spendere 2,2 milioni. Per la «security» 1,1. Perdonateci l’inglese, ma in italiano i due concetti convergono verso la stessa parola: sicurezza. Eppure in questo caso ci sono sfumature. I due milioni e rotti serviranno a opere antincendio, il milioncino abbondante a opere che proteggano maggiormente da possibili malintenzionati chi lavora a Palazzo di Giustizia. Una possibilità peraltro concretizzatasi di recente, quando un pregiudicato ha scagliato un sasso contro l’ingresso su via Pretorio, spaccando un vetro (vedi l’edizione del 31 maggio). Fortunatamente l’uomo non è andato oltre ed è stato poi arrestato (aveva anche minacciato un avvocato). Si tratterà, in ogni caso, di pezze. Necessarie a far funzionare quantomeno alla bell’e meglio Palazzo di Giustizia fino alla sua totale ristrutturazione. Questa, però, non si potrà fare senza spostare gli inquilini. E a oggi di spazi alternativi non ce ne sono.
Meglio, non ce ne sono ancora. Il Consiglio di Stato una soluzione l’ha proposta: acquistare la sede di EFG in viale Stefano Franscini e insediarvi una «Città della Giustizia». Il dossier è al vaglio della Commissione della gestione dal 2019 e da allora è oggetto di continue discussioni tra Esecutivo e Legislativo, nonché fra i vari gruppi politici. L’ultima proposta di mediazione del Consiglio di Stato risale a una manciata di mesi fa e sembrava proporre di non accentrare tutto a Lugano (il Tribunale delle espropriazioni potrebbe andare a Locarno e la Pretura penale restare a Bellinzona). Un’apertura che sembrava essere stata generalmente bene accolta dai partiti, ma il rapporto commissionale non c’è ancora.
Contro i possibili eventi avversi
È dunque abbastanza logico che con un progetto del genere in ballo - si parla di oltre 200 milioni, fra acquisto dello stabile e ristrutturazione totale dell’attuale Palazzo di giustizia (da farsi in ogni caso entro il 2032) - si cerchi di procrastinare quante spese si può. Ma non fare assolutamente nulla non era possibile, come ha avuto modo di stabilire un gruppo di lavoro interdipartimentale creato ad hoc che - oltre all’acclarata necessità di mettere mano al sistema antincendio - ha identificato «numerosi possibili eventi avversi» che potrebbero capitare.
È una lista abbastanza inquietante: fra i possibili rischi vi sono: «L'accesso agli spazi riservati da parte di persone non autorizzate; l’evasione delle persone indagate dai locali interrogatorio; l’accessibilità dei prevenuti a materiale contundente; la possibilità di aggressioni verbali o fisiche a Magistrati, agenti e funzionari; il furto di materiale sensibile; l’intrusione da parte di persone pericolose».
I primi dati
Va detto che per l’utenza cambierà poco, dato che le misure di «security» più impattanti sono già state introdotte per gestire i flussi durante la pandemia (e ora sono state riconfermate). Da inizio 2021, infatti, sono stati creati dei controlli di sicurezza agli ingressi su via Bossi e su via Pretorio, concernenti il controllo dell’identità degli utenti e il controllo, tramite scanner, dei loro effetti personali. Un’attività che, durante i primi 8 mesi di attività del 2021, a fronte di un totale di circa 15.000 passaggi conteggiati, ha portato al controllo approfondito di circa 3.000 persone: «Ciò ha permesso di rilevare un certo numero di irregolarità sfociate, a seconda dei casi, in misure di polizia». Con gli interventi, approvati di recente dal Gran Consiglio, si farà un passo avanti creando due ricezioni vere e proprie agli ingressi, che saranno dotati di nuove porte. Sarà poi installato un sistema di videosorveglianza interno, nonché uno di allarme. La spesa principale, tuttavia, sarà quella necessaria per una voce chiamata «modifica armadi esistenti». Forse per evitare i furti di materiale sensibile. I lavori dovrebbero comunicare in settembre e durare sino a giugno 2023.