Una «spia russa infiltrata nella base NATO a Napoli»?
Un'inchiesta condotta per dieci mesi dal quotidiano Repubblica insieme al sito investigativo Bellingcat, al settimanale tedesco Der Spiegel e a The Insider ha ricostruito la missione segreta di quella che viene definita «la protagonista della più clamorosa operazione d'intelligence» realizzata dalla Russia in Italia. Si tratta della trentenne Maria Adela Kuhfeldt Rivera, nata in Perù da padre tedesco e inseritasi nei circoli mondani di Napoli per riuscire poi a infiltrarsi tra il personale della base NATO e della VI Flotta statunitense, «il vertice operativo del potere militare occidentale in Europa».
Un nome che non esiste
«La traccia principale che la collega ai servizi segreti di Mosca - spiega Repubblica - è il passaporto russo usato per entrare in Italia: appartiene alla stessa serie speciale utilizzata dagli 007 del GRU, l'intelligence militare agli ordini del Cremlino». Gli stessi che avrebbero tentato di avvelenare con il Novichok l'ex spia dell'intelligence militare di Mosca Sergey Skripal e il produttore di armi bulgaro Emilian Gebrev. Maria Adela Kuhfeldt Rivera è partita il 15 settembre 2018 da Napoli con un volo per Mosca, senza più (apparentemente) tornare.
Ma anche il nome - Maria Adela Kuhfeldt Rivera, appunto - sarebbe un'invenzione. Nell’agosto 2005 un avvocato di Lima ne aveva chiesto il riconoscimento della cittadinanza peruviana, presentando un certificato di nascita siglato a Callao il 1. settembre 1978 e un attestato di battesimo della parrocchia di Cristo Liberador. Chiesa che, però, è stata costruita soltando nel 1987. Un dettaglio che aveva portato le autorità peruviane ad aprire un'indagine penale. Nel 2006 per Maria Adela Kuhfeldt Rivera è quindi spuntato un passaporto russo.
Dalla Francia all'Italia
Tra il 2009 e il 2011 la donna si è spostata tra Roma e Malta. Nel 2011 ha compiuto un viaggio in treno da Parigi a Mosca attraverso la Bielorussia. Un itinerario che ha percorso più volte negli anni successivi. Nel 2012, a Parigi, ha registrato una società di gioielli con il marchio Serein.
Il 2013 è l'anno dell'Italia. La donna è andata a vivere a Ostia; sulla carta d'identità figurava come «studentessa». Ha registrato una società il cui scopo dichiarato era il confezionamento di gioielli. Nel giro di due anni ha aperto un laboratorio in un centro orafo a Marcianise (Caserta), ottenendo l’autorizzazione della Questura. Maria Adela Kuhfeldt Rivera si è quindi trasferita a Napoli, nel quartiere di Posillipo, poi ha affittato una casa con terrazza affacciata sul Golfo.
Eventi, cene e serate
Nel 2016 - si legge ancora su Repubblica - la 30.enne ha inaugurato una concept gallery quale «ritrovo degli appassionati di tutto quanto faccia rima con il lusso». E ha lanciato lo shopping online per i suoi gioielli (pare si trattasse di bigiotteria cinese). Ma, soprattutto, è stata accettata nel Lions Club Napoli Monte Nuovo, fondato dagli ufficiali della base NATO di Lago Patria, i cui soci sono militari, impiegati e tecnici dell’Alleanza Atlantica o della VI Flotta statunitense, «il vertice operativo del potere militare occidentale in Europa». Ne è diventata segretaria.
Una cittadina russa in un club del genere, va detto, non passa inosservata. Ma Maria Adela Kuhfeldt Rivera ha raccontato a tutti una versione della (sua) storia: quando era piccola, la madre l’aveva portata con sé a Mosca per partecipare alle Olimpiadi del 1980. Ma poi era dovuta rientrare d’urgenza in patria, in Perù, affidandola a una famiglia di conoscenti sovietici. Che infine l'aveva adottata. Ma da quelle persone aveva subito abusi ed era quindi fuggita, alla ricerca di una nuova vita in Europa.
«Nessun agente russo così in profondità»
«La nostra inchiesta - afferma il quotidiano italiano - non è riuscita a ricostruire quali informazioni siano state ottenute dalla spia, né se sia stata capace di seminare virus informatici nei telefoni e nei computer dei suoi amici. È però entrata in contatto con figure chiave della NATO e della Marina statunitense: nessun agente russo era mai riuscito a penetrare così in profondità il vertice dell'Alleanza atlantica».
Il 15 settembre 2018, come detto, è salita su un aereo a Napoli. Non ha più risposto a messaggi e e-mail che le giungevano dall'Italia. Poi, il 19 novembre, è riapparsa sui social: «Ho un tumore», ha fondamentalmente dichiarato. L'inchiesta dei giornalisti - e una lunga analisi di database russi divulgati negli ultimi anni, notizie e software per la comparazione dei volti - ha permesso di scoprire il vero nome della possibile spia: Olga Kolobova, nata nel 1982. Il padre? Un colonnello che si è occupato di intelligence e che ha servito in Angola, Iraq e Siria. Repubblica conclude con un appunto: «Su Odnoklassniki (OK), uno dei social network più diffusi in Russia, la donna in questi mesi ha diffuso testi che inneggiano all’invasione dell’Ucraina nel gruppo “Amici di Putin”».