«Vi racconto di mio fratello, morto in guerra a vent'anni»

Perdere il papà, poi la mamma e infine l’unico fratello, ucciso al fronte. Tetiana, dodici anni, è stata messa a dura prova dalla vita. Ha trovato la forza di condividere la sua storia. E ad aiutarla c’è un’associazione da poco nata a Bioggio.
Quel primo maggio, a Chynadiiovo, un paese nell’Ucraina dell’ovest, Tetiana era a scuola e stava seguendo la lezione. Un giorno come altri. Ad un certo punto un uomo è entrato in classe e si è seduto accanto a lei. Portava una notizia. Volodymyr Havrysh, suo fratello, era morto in battaglia. Era rimasto vittima di un bombardamento a Bilogorivka, nella regione di Lugansk, dove combatteva per l’Ucraina. Aveva vent’anni, che tre settimane dopo sarebbero diventati ventuno. La sorella invece di anni ne ha dodici, anche se i suoi occhi raccontano altro.
Davanti allo schermo del computer, Tetiana ci parla di lei e di cosa ha passato. Ha un tono di voce pacato, è timida ma ferma nella sua volontà di raccontarsi. «Il paese in cui sono cresciuta è piccolo, ma abbiamo tutto: le scuole, dei piccoli negozi, le montagne, un lago dove nuotare e anche una città non troppo lontano. E ho i miei amici». Alcuni li ha conosciuti al Campo Edelweiss di Oryavchik, una colonia estiva che dallo scorso anno accoglie bambini e ragazzi segnati dalla guerra e che ora può contare sul sostegno di BlueBird, una nuova associazione con sede a Bioggio e attiva a favore degli orfani. Come Tetiana.
Quando parla del campo estivo è un fiume in piena, e il suo viso tondo si apre in un sorriso. «La prima volta che sono entrata, ero impressionata. Era tutto bello e curato, molto diverso da quello che avevo visto fino a quel momento. Facevamo tante attività e gli insegnanti erano molto bravi: ci aiutavano. E ogni sera, alle otto, incontravo uno psicologo a cui potevo confidare le mie emozioni. Mi manca tanto là… Le mie amiche mi prendevano in giro per il mio dialetto, che si avvicina al polacco, e io provavo ad insegnarglielo».


«Allora è il mio destino»
Ora Tetiana vive con la nonna, che insieme alla sorella si prende cura di lei. La vita scorre, incurante di tutto. La scuola è un pensiero che proietta nel futuro e allontana dal dolore. «Tutti ridono quando lo dico, ma vorrei studiare per diventare una poliziotta. Mi piacerebbe anche essere una veterinaria: amo cani e gatti, ma non sono certa che potrei prendermi cura anche delle mucche». Scapperebbe un sorriso anche a Volodymyr. «Il nostro era un bel rapporto. Giocavamo e litigavamo, come tutti i fratelli. Abbiamo perso prima il papà, ma io ero molto piccola, e poi la mamma. Lei lavorava all’estero, come tante persone di questa regione, e si è ammalata di cancro». Anche il ragazzo, dopo la scomparsa della madre, aveva cominciato a lavorare fuori dall’Ucraina, in Repubblica Ceca, ma dopo lo scoppio della guerra, preoccupato di lasciar da sole la nonna e la sorella, aveva deciso di rientrare. «La nonna gli aveva detto “no, non farlo, se torni ti mandano a combattere” – ricorda Tetiana – ma lui ormai aveva fatto la sua scelta. “Se mi reclutano – diceva – significa che quello è il mio destino”». Un giorno, mentre Volodymyr andava al lavoro nel suo paesino natale, le parole della nonna si sono avverate. Lasciamo raccontare Tetiana. «La polizia lo ha fermato per strada, dicendogli di raccogliere i suoi documenti e prepararsi a partire. Lo hanno mandato in Gran Bretagna per l’addestramento e ci è rimasto per trentaquattro giorni, dopodiché ha trascorso una settimana in Ucraina, a Žytomyr, per un’altra esercitazione. E poi è stato inviato al fronte, a Bakhmut e nel Lugansk. Ricordo che era sorpreso: non pensava di trovarsi là, soprattutto perché aveva perso i genitori e doveva occuparsi di me. E loro questo lo sapevano. Dopo tre mesi è morto». Silenzio.
«Aveva una proposta da fare»
Chiediamo a Tetiana qual era il suo sogno. «Non so che lavoro volesse fare, ma un suo desiderio mi è rimasto impresso. Lui è morto il primo maggio, il 24 dello stesso mese avrebbe compiuto gli anni e il primo giugno avrebbe potuto rientrare a casa per qualche giorno. Una piccola vacanza diciamo. Qui aveva una fidanzata, e al suo ritorno le avrebbe chiesto di sposarla. Ora io e lei siamo come sorelle». Ancora silenzio.
Lo interrompiamo solo per chiedere a Tetiana cosa vorrebbe dire alle ragazze e i ragazzi che leggeranno la sua storia. Lei dall’Ucraina non è mai uscita . Lo fanno le sue parole. «Ai miei coetanei direi di apprezzare tutti i momenti che vivono e di non perdersi in cose inutili, perché all’improvviso tutto può cambiare».
La forza di tre mamme per i bambini soli

Tre mamme ucraine in Ticino, tre storie di vita diverse. In comune una guerra vissuta da lontano, nei chilometri ma non certo nel cuore, pensando a cosa fare per aiutare la popolazione del loro Paese. Viktoriia Poretti, Svitlana Shyman e Yevgeniya Borysova hanno trovato una risposta: fondare un’associazione, basata a Bioggio e chiamata BlueBird, per dare un sostegno psicologico agli orfani vittime del conflitto. «L’aspetto mentale – spiegano – viene spesso sottovalutato, perché meno visibile rispetto alle conseguenze materiali sulle persone e le cose», come i palazzi crollati o le vite spezzate. Ci sono però anche le vite che continuano, seppur stravolte, scosse, devastate. Vite, soprattutto quelle più giovani, che sono le fondamenta dell’Ucraina di domani. Ecco perché BlueBird ha deciso di accompagnarle e di alleviarne i traumi, per quanto sia possibile. Grazie ai suoi contatti sul posto, come i responsabili del Campo Edelweiss di Oryavchik, l’associazione agisce per individuare i casi di giovani, giovanissimi e madri rimaste sole con i figli che potrebbero essere aiutati con programmi di riabilitazione e, per i più adulti, di sostegno professionale. I principi di fondo sono quattro: aiuto mirato, attenzione ai dettagli, trasparenza e responsabilità. BlueBird ha già cominciando il suo lavoro anche in Svizzera, organizzando eventi per sensibilizzare l’opinione pubblica, raccogliere fondi e far conoscere la cultura ucraina. «Abbiamo molte idee interessanti per future iniziative di beneficenza», scrivono le fondatrici. «Crediamo che la nostra ispirazione e la compassione di coloro che ci circondano possano cambiare questo mondo in meglio». Un appuntamento a cui Viktoriia, Svitlana e Yevgeniya tengono particolarmente è in programma per il prossimo 21 settembre all’ex Asilo Ciani di Lugano: una presentazione di capi di abbigliamento di giovani stilisti ucraini e svizzeri con un’asta benefica e uno spettacolo di musica e luci. Intanto è in fase di realizzazione il sito www.swissbluebird.org.