Vittime di reati: niente allentamenti sulla protezione della personalità

Il fatto che sui social media venga rivelato il nome di un delinquente o di una vittima non giustifica l’allentamento dell’attuale prassi che prevede la tutela della personalità di persone coinvolte in procedimenti penali pendenti. È il succo della risposta del Consiglio federale a una mozione, che raccomanda di respingere, del «senatore» Fabio Abate (PLR/TI).
Per Abate, le condizioni che permettono di informare il pubblico su un procedimento pendente sono restrittive: i nomi di autori di reati o delle vittime non sono praticamente mai resi noti. Il rispetto della presunzione di innocenza oppure dei diritti alla personalità prevalgono e impongono un’informazione al pubblico estremamente limitata.
Tuttavia, sempre più spesso sui social media, ad esempio Facebook, queste regole vengono aggirate, come è stato il caso con il decesso di una ragazza in un albergo di Muralto avvenuto lo scorso mese di aprile. Le circostanze particolari di quanto accaduto hanno generato un interesse mediatico a livello internazionale; gli organi di informazione di altri Paesi hanno così pubblicato nome e cognome delle persone coinvolte. I media svizzeri sono quindi svantaggiati rispetto a quelli esteri. Considerata la situazione, la regole vigenti in Svizzera andrebbero perlomeno allentate.
Per il Consiglio federale, il diritto in vigore pondera giustamente i diversi interessi in gioco: la normativa si è dimostrata efficace e lascia alle autorità il necessario margine di manovra, per cui non occorre adeguarla. Inoltre, proprio i social media imporrebbero di aumentare la protezione dei diritti della personalità piuttosto che di indebolirla.
Il fatto che l’identità delle vittime o degli imputati sia talvolta pubblicata senza scrupoli nelle reti sociali o nei media tradizionali non costituisce un motivo per allentare le severe condizioni vigenti per le autorità.