Il commento

Andare oltre l'idea di Città Ticino

Grazie ad AlpTransit ci si può spostare rapidamente verso l’esterno del cantone, ma anche all’interno fra i centri urbani, fra Sopraceneri e Sottoceneri: ciò raccorcia le distanze e potrebbe cambiare il modo di ragionare nel gestire le risorse
Giorgio Giudici
29.03.2023 06:00

I contributi apparsi nelle scorse settimane su queste colonne riguardanti il tema della Città Ticino hanno offerto spunti interessanti. Indubbiamente grazie ad AlpTransit ci si può spostare rapidamente verso l’esterno del cantone, ma anche all’interno fra i centri urbani, fra Sopraceneri e Sottoceneri: ciò raccorcia le distanze e potrebbe cambiare il modo di ragionare nel gestire le risorse, evitando di moltiplicare in ogni angolo del Ticino progetti, iniziative e manifestazioni. La mobilità è sempre stata la spina dorsale per lo sviluppo del Paese ed è stata anche l’elemento che ha portato al processo aggregativo di Lugano. Tutto nacque infatti negli anni Ottanta del secolo scorso con la costituzione della Commissione intercomunale dei trasporti del Luganese che riuscì a mettere attorno a un tavolo i Comuni per dialogare sul tema dei trasporti superando i problemi dovuti all’assenza di un coordinamento pianificatorio cantonale. Partendo da qui la discussione fra Comuni finì per abbracciare altri argomenti diventando poi la chiave di volta per gli sviluppi aggregativi, a loro volta perno dello sviluppo territoriale. Mobilità e aggregazioni sono due elementi legati e centrali per far crescere il Paese.

Purtroppo, AlpTransit si è finora rivelata un’occasione mancata per rimodellare l’approccio al territorio. Continua a mancare una visione complessiva cantonale della pianificazione territoriale, ogni Comune fa per sé. Questo resta il principale problema di base. Faccio l’esempio della ricerca e della medicina. In Ticino abbiamo delle eccellenze: lo IOSI, lo IOR, il Cardiocentro, la facoltà di medicina. È mai possibile che non si possano finalmente mettere questi attori sotto un solo tetto? Adesso i territori cercano di prendersi a vicenda le risorse e le competenze, con il risultato che ci si impoverisce tutti. Chi ha qualcosa di qualità va sostenuto, non invidiato magari per replicarne le iniziative. È per questo motivo che bisogna cominciare a distribuire le funzioni nel territorio grazie a una pianificazione unitaria che superi gli steccati comunali. Si sale di livello solo se si mettono assieme le conoscenze e le risorse. Vale per la ricerca, per la medicina e per molti altri campi. Oggi c’è il settore bancario che prenderà un’altra brutta botta: qualcuno si preoccupa di capire come è spalmata la forza e la fortuna delle banche sull’insieme del territorio e dove sono i rischi? Giusto o sbagliato che sia, un’epoca è finita e bisogna immaginarsi un altro futuro gestendo bene quanto di buono abbiamo costruito in passato. I limiti della pianificazione del territorio si vedono anche nel problema del traffico tra Mendrisio e Lugano, perché i centri d’interesse sono tutti concentrati in un luogo. Pianificare significa anche distribuire le funzioni. Però se si distribuiscono le funzioni qualcuno perde e qualcuno guadagna risorse fiscali. È questa la vera questione che limita una pianificazione territoriale cantonale.

La soluzione? Andare oltre l’idea di Città Ticino e invertire il concetto cominciando a immaginare un Ticino Città, ossia un cantone Comune unico con quattro macroregioni: Bellinzonese e valli, Locarnese e valli, Luganese e Mendrisiotto. Ovviamente occorrerà rivedere l’assetto istituzionale e amministrativo del Cantone e il funzionamento di Governo e Parlamento in una realtà senza più enti locali. Non è un cambiamento semplice e la rivoluzione non è per domani, ma non è una fantasia: ci si arriverà, perché il Paese è piccolo, rappresenta al massimo il quartiere di una metropoli (guardiamo a quel che abbiamo a sud e a nord) e finirà per essere stritolato se non unirà le risorse e le competenze in una visione unica di sviluppo.

Nel frattempo, se il Dipartimento del territorio, che ha in mano formalmente la pianificazione, riuscirà a rafforzare il dialogo tra i responsabili politici dei centri urbani che sono il motore del cantone, si potrebbe già fare un passo avanti per mettere fine a cavalcate solitarie del proprio territorio dimenticando la visione d’assieme. Ci vorrà una vera leadership per guidare il cambiamento. Bravi orchestrali ci sono, ma occorrerà trovare un abile direttore d’orchestra capace di far suonare a tutti la stessa musica che tutti possano condividere. Un’impresa non facile perché i partiti non hanno più la forza di segnare il passo del Paese. Mi pare che la campagna per le elezioni cantonali l’abbia dimostrato. Mancano la cultura e le eredità politiche, prevale la ricerca del presenzialismo a tutti i costi, si finisce in frammentazioni inconcludenti per mettere cerotti su gambe di legno senza sapere verso dove si sta camminando. I risultati del consociativismo portato all’eccesso, di un dipartimentalismo che impedisce di avere progetti forti e chiari sui quali confrontarsi, ci indicano che è forse tempo di ripensare la formula per la gestione politica del Ticino e di ipotizzare il passaggio al sistema maggioritario per l’elezione del Consiglio di Stato. Intanto iniziamo a pensare all’obiettivo del Ticino Città più che della Città Ticino.