Boicottare i Mondiali nel Qatar, voi ne sareste capaci?

Caro Carlo, la FIFA tra qualche mese fa organizzare al Qatar i mondiali di calcio. Magari proprio qui in Svizzera, Paese «neutrale» e sede di istituzioni sportive, dovremmo iniziare a fare i discorsi seri sui diritti umani. Altrimenti succede quello che abbiamo visto pochi mesi fa con i Giochi Olimpici di Pechino: puntualmente con l’inizio delle gare si sono spenti i discorsi sui diritti umani. Probabilmente per molta parte del mondo occidentale sono ormai nient’altro che un esercizio «stagionale» con carattere «moralistico». E se l’idea dei Giochi è portatrice del messaggio dell’amicizia tra i popoli e degli stessi diritti umani, allora è ovvio che era un controsenso organizzarli solo laddove presumibilmente questi sono «perfettamente rispettati». Le lesioni dei diritti umani in Cina urta in modo eclatante contro l’idea olimpica, e dopo aver fatto «parlare dei diritti» già a Pechino 2008 non è affatto cambiato nulla. Poi, organizzare Giochi invernali dove non c’era la neve andava contro ogni buon senso. Dunque, e senza scomodare i più alti ideali umani: con la perdita di una sana ragionevolezza si svende l’idea olimpica e il CIO ha dimostrato che parlare di «diritti» fa parte degli stessi interessi economici.
Markus Krienke, Lugano
La risposta
Caro Markus Krienke, ragionando sulla retorica olimpica e/o rispettivamente su quella dei Mondiali di calcio, condivido la stessa frustrante sensazione. Ma non mi nascondo dietro a un dito. In fondo, in un certo modo, anch’io nel mio piccolo rischio di contribuire al trionfo dell’ipocrisia. Perché dopo mesi in cui le organizzazioni per la difesa degli indifesi (in Cina i dissidenti politici, i musulmani e gli uiguri, in Qatar gli operai dei cantieri) denunciano comportamenti che contraddicono quello che dovrebbe essere lo spirito autentico dello sport, ci piazziamo comunque davanti alla tv e andiamo avanti a tifare per i nostri atleti. Mentre se volessimo essere coerenti con l’indignazione per i diritti umani violati, dovremmo semplicemente spegnere la tele. Ma lo ammetto, quando Lara Gut ha vinto il super-G ero attaccato al teleschermo. Il fatto è che, pur animati dai più genuini intendimenti morali, siamo emotivamente troppo coinvolti per boicottare i grandi eventi dello sport. E così, sono pronto a scommettere che tra il 21 novembre e il 18 dicembre prossimi, pur abbondantemente edotti sulle violazioni delle condizioni lavorative degli operai messi alla frusta come schiavi per preparare il Qatar ai Mondiali, non perderemo un minuto delle prestazioni degli uomini di Yakin sul campo. Siamo dei mostri? No. Ma troppo spesso non sappiamo mettere in relazione una cosa bella come gli exploit dei nostri campioni con una cosa brutta come le porcherie dei regimi che approfittano delle massime kermesse mondiali per ripulire la propria immagine. Con la complicità di chi lucra sui diritti televisivi e ha tutto l’interesse a minimizzare i loro abusi sistemici. Chiediamo sempre ai Paesi e alle organizzazioni internazionali di sabotare eventi che favoriscono regimi liberticidi, ma noi – dal basso – siamo capaci di rinunciare a quegli spettacoli?