L'editoriale

Cerimonie e riti che chiudono un'epoca

Con la regina è scomparsa l’ultima figura imperiale della storia moderna e per chi ne ha preso le consegne il compito rimane tutt’altro che facile
Gerardo Morina
Gerardo Morina
20.09.2022 06:00

Le spoglie di Elisabetta II d’Inghilterra riposano da ieri sera nella medievale Cappella di San Giorgio del castello di Windsor. In buona compagnia, se si considera che, tra i tanti reali inglesi (a cominciare da Edoardo IV nel 1483) quivi tumulati, la defunta regina avrà accanto tutti i membri ristretti della sua famiglia: il padre Giorgio VI, la sorella Margaret, il marito Filippo e la madre Elizabeth Bowes-Lyon.

Le esequie hanno occupato l’intera giornata, che ha avuto il suo apice nel trasporto del feretro dall’Abbazia di Westminster, meta nei giorni precedenti dell’omaggio silenzioso di migliaia di persone, a Windsor alle porte di Londra. Una giornata conclusasi sulle note tristi di «The Last Post» (il richiamo di tromba militare del XVIII secolo) e svoltasi all’insegna di un curatissimo cerimoniale, che ha trasformato ogni gesto rendendolo degno di una perfetta coreografia.

Ci sono stati momenti in cui si avvertiva il completo silenzio unito al morbido calpestio delle ruote del carro per cannoni della Marina militare su cui era adagiata, coperta da vessilli reali, la bara di Elisabetta. Un’atmosfera di lutto e rispetto che ha richiamato le esequie del primo ministro Winston Churchill nel 1965 e di re Giorgio VI nel 1952, entrambe già allora diffuse per mondovisione. Di rigore in questi giorni sempre il nero nell’abbigliamento delle personalità presenti, compresi oltre 500 capi di Stato, ma senza i lunghi veli femminili, oggi sostituiti qua e là da velette a rete che coprivano il viso delle signore, a cominciare dalla regina consorte Camilla e da Kate Middleton, probabile futura regina.

Ma è inutile, mancava Lei, la regina Elisabetta - e i suoi colori - , che ammaliava grazie anche a un guardaroba che la rendeva sempre visibile e aveva finito per diventare il simbolo non solo di una monarca, ma anche di una monarchia. Dall’arancione al giallo, dal rosa lilla e dal verde fluo fino al «royal blue», Elisabetta aveva insegnato che resilienza, dedizione e discrezione possono essere espresse da tutte le sfumature dell’arcobaleno. Significative le parole pronunciate dall’arcivescovo di Canterbury: «Pochi leader hanno incarnato tanto affetto». Un vasto omaggio di fine vita e carriera (96, come gli anni vissuti dalla regina, i rintocchi a Londra del Big Ben) a colei che da rigida regina aveva saputo addolcirsi, grazie agli insegnamenti recepiti dalla morte della principessa Diana, fino a diventare anche lei una «regina del popolo», dall’ampio e spontaneo sorriso e dagli occhi cerulei che le illuminavano il viso anche a tarda età. Umana anche quando, un giorno prima di morire, aveva trovato modo di esprimere a un pastore della Chiesa di Scozia la profonda nostalgia che avvertiva per l’amato marito Filippo.

Ultimo momento toccante e simbolicamente significativo prima della sepoltura, le insegne reali - la corona, lo scettro e il globo d’oro - che sono state tolte dalla bara e consegnate al celebrante, il quale le ha deposte sull’altare, a testimoniare che, come vuole il rito, Elisabetta II scendeva nella tomba senza orpelli o privilegi terreni.

Con lei è ora scomparsa l’ultima figura imperiale della storia moderna e per chi ne ha preso le consegne (il figlio Carlo III) il compito rimane tutt’altro che facile. Proclamato re ma non ancora incoronato, per il nuovo monarca la strada è tutta in salita, mentre il figlio si sta diligentemente applicando per subentrargli in futuro con il nome di William V. Lui porta con sé lo spirito della madre Diana, mancata regina e ancora amata da parecchi sudditi. Salvare una monarchia nel XXI secolo sembra un’impresa da ciclopi. Ma forse il tempo non si smentirà e saprà essere ancora una volta galantuomo. 

In questo articolo: