Il commento

Chi doveva vigilare è stato incapace

Sul futuro dei mercati finanziari internazionali rimangono molte ombre
Alfonso Tuor
20.03.2023 22:30

È indiscutibile che non si poteva fare altro dopo l’acutizzarsi della crisi del Credit Suisse dovuta alla crescente e massiccia fuga di capitali dalla banca; è pure vero che in questo modo si è evitato un fallimento che avrebbe avuto conseguenze drammatiche sia a livello svizzero sia a livello internazionale. È però pure vero che la crisi dell’istituto non è stata improvvisa, ma è il frutto di una serie di perdite miliardarie, di scandali e di operazioni finanziarie fallimentari che avrebbero dovuto far intervenire da tempo in modo vigoroso e deciso autorità di sorveglianza (Finma) e Dipartimento delle finanze per riparare i danni causati da un gruppo dirigente palesemente inadeguato. È vero soprattutto che con il Credit Suisse giunge al termine un periodo eccezionale della nostra storia impersonato da Alfred Escher, un uomo straordinario che nella seconda metà dell’Ottocento contribuì in modo decisivo a creare le condizioni per permettere al nostro Paese di partecipare da protagonista alla seconda rivoluzione industriale. Alfred Escher, tra le sue mille iniziative, creò il Politecnico federale di Zurigo e fondò il Credito Svizzero per finanziare il suo grande progetto della galleria ferroviaria del San Gottardo. Ma ora quello che fece un uomo di genio, la cui missione principale era lo sviluppo del nostro Paese, viene distrutto dall’attuale categoria di manager, il cui scopo principale è massimizzare i propri bonus. È pure discutibile che questo salvataggio basti a scongiurare una nuova crisi finanziaria internazionale che già serpeggia nei mercati. Ma procediamo con ordine.

In primo luogo, non si può «vendere» come un grande successo il salvataggio di Credit Suisse. Infatti, se è indiscutibile che si è evitato un disastro, che avrebbe avuto gravissime conseguenze anche a livello internazionale, non si è però impedita la fine della seconda banca svizzera, nonostante le difficoltà del Credit Suisse non siano una sorpresa. Sono note da tempo. Quindi, ci si deve domandare: in questi mesi cosa hanno fatto l’autorità di sorveglianza (Finma) e il Dipartimento federale delle finanze di fronte al ripetersi di perdite miliardarie, di continue multe salate e di rimozioni al vertice che dimostravano le scarse capacità di scegliere le persone giuste per raddrizzare l’istituto? Inoltre non si sono dimostrate inadeguate le regolamentazioni introdotte dopo la crisi finanziaria del 2008 e del crack di UBS? È evidente che, come capita spesso nel nostro Paese, non si sono dimostrate all’altezza del loro compito e non hanno cercato nemmeno di attuare per tempo la principale riforma della legge «too big to fail», che prevede lo scorporo delle attività in Svizzera, che nel caso del CS erano ancora in attivo, dal resto del gruppo. Quindi, ci si è fidati di criteri di capitale e di liquidità che erano ancora positivi, ma che in realtà oscuravano perdite che sono probabilmente nascoste nelle pieghe del bilancio, come sospettano le autorità di sorveglianza americane, e soprattutto future, riconducibili a multe salate da pagare in alcuni Paesi, come quella ingente inflittagli in Francia.

In secondo luogo, non si è risolto un bel niente. Infatti se non si è riusciti a sorvegliare il CS, c’è da interrogarsi come si riuscirà a sorvegliare una banca come quella che uscirà dalla fusione con UBS. Inoltre, avremo un istituto ancora più sproporzionato rispetto alle dimensioni dell’economia del nostro Paese che sarà impegnato per mesi nel difficile compito di «digerire» il Credit Suisse e a lasciare senza lavoro migliaia di dipendenti, per i quali non è stato previsto alcun piano sociale.

In conclusione si è trattato di una giornata nera per il nostro Paese e per la sua piazza finanziaria. Gli avvenimenti di questi giorni sono destinati a incidere sulle prospettive dell’economia del nostro Paese e soprattutto sulla fiducia dei cittadini svizzeri nei confronti delle nostre istituzioni. E paradossalmente questo presunto salvataggio del Credit Suisse non basterà nemmeno a dissipare le ombre sul futuro dei mercati finanziari internazionali. Infatti la crisi partita dal fallimento della banca californiana della Silicon Valley è destinata a estendersi. Ed è quanto tutti temono, come dimostra l’allarme di autorità politiche e monetarie. All’orizzonte si stagliano lo scenario di una crisi del debito di proporzioni mai viste ed una pesante recessione.  

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