Armstrong e il doping banalizzato

di FLAVIO VIGLEZIO - Lance Armstrong ha dunque confessato di aver fatto uso di doping per anni. L?americano ha ammesso le sue colpe non in un austero ufficio governativo o dell?Unione ciclistica internazionale: la sua megalomania lo ha spinto a recitare il suo mea culpa davanti a milioni di telespettatori: l?intervista concessa alla regina dell?auditel statunitense, Oprah Winfrey, ha permesso al texano di rimpinguare il suo già ricco conto in banca. Una scelta di dubbio gusto, considerando il contesto. Non si tratta di infierire su Armstrong, ma di riflettere sul distacco dalla realtà di cui rischiano di rimanere vittime le grandi stelle – ancorché cadenti – dello sport. L?ex boss del gruppo ha vuotato il sacco e dopo lustri di difesa ad oltranza è lecito chiedersi perché abbia deciso di darsi in pasto al giudizio dell?opinione pubblica – senza contare il rischio di andare incontro a sanzioni penali – proprio adesso. Per poter tornare a disputare le sue amate gare di triathlon? Non scherziamo. Per togliersi un peso divenuto insopportabile dalla coscienza? Poco credibile. La verità – purtroppo, vien da dire – è che le confessioni di Armstrong oggi fanno comodo a tutti. Al texano, in primis, che ora grazie alla collaborazione con le autorità eviterà con ogni probabilità l?onta della prigione per aver dichiarato il falso. Non avesse trovato un accordo con il Governo in questo senso, non avrebbe mai ammesso i suoi misfatti. Non è un caso che Armstrong non abbia minimamente coinvolto l?UCI, assumendosi la piena responsabilità delle sue azioni. Entrare in aperto conflitto con la Federazione internazionale – che esce dalla vicenda così pura e bianca come neve appena caduta dal cielo – sarebbe stato estremamente pericoloso. Molto meglio, per Armstrong, calmare le acque. Possono gonfiare fieramente il petto anche l?Agenzia mondiale antidoping e il suo braccio americano: entrambe vedono premiata la loro perseveranza. Tutti (o quasi) felici e contenti, insomma. Anche gli organizzatori del Tour de France. Chi ora condanna – a giusta ragione, ci mancherebbe – Lance Armstrong, in passato ha approfittato non poco della figura e del simbolisimo di quell?uomo capace di sconfiggere il cancro e di trasformarsi poi in un campione e, di riflesso, in un modello da seguire. Nella confessione del texano, che si è rifiutato di entrare nei dettagli, colpisce soprattutto la banalizzazione del doping e ci si rende allora conto di quanto sia complicato – nonostante gli indubbi progressi compiuti e in particolare l?introduzione del passaporto biologico – combattere e sperare un giorno di sconfiggere definitivamente un fenomeno definito da Armstrong come «culturale». Il «così fan tutti» legittima in fondo l?utilizzo di sostanze proibite e tiene a bada i sensi di colpa. «Era impossibile pensare di vincere sette Tour de France senza doparsi», ha dichiarato Armstrong. Epo, testosterone, trasfusioni sanguigne e cortisone hanno fatto parte del menu quasi quotidiano di una persona che – poco dopo aver vinto la battaglia per la vita – non ha avuto la minima esitazione a mettere nuovamente in serio pericolo la propria esistenza. Ed allora i dubbi tornano ad affollare la mente. Possibile, nonostante i chiari ritardi dell?epoca a livello di strumenti di controllo, che nessuno si sia mai accorto di nulla? Che Armstrong, ma non solo lui, abbia potuto farla franca? Le responsabilità ricadono allora su tutto il grande carrozzone del ciclismo che, appunto, non ha mai smesso di considerare le pratiche legate al doping come una sorta di male necessario. Corridori, medici, direttori sportivi, sponsor, massaggiatori e chi più ne ha più ne metta: tutti, in fondo, sono un po? dei Lance Armstrong. Il terrore è che oggi poco o nulla sia cambiato. Dopo l?affaire Festina del 1998, vero e proprio spartiacque nella presa di coscienza collettiva del fenomeno doping, quando Armstrong vinceva i suoi sette Tour de France già si diceva che i bari avrebbero avuto vita durissima. E intanto il texano indossava una maglia gialla dopo l?altra. Ora sappiamo come, anche se molte altre domande rimarranno senza risposta. Nemmeno Oprah Winfrey riuscirà mai ad ottenerle.
