Attentato in Russia, nessuno è più al sicuro

di ANDREA COLANDREA - La scia di sangue e di morti non si ferma. Parigi, Bruxelles, Nizza, Berlino, Ankara, Istanbul, Londra e ora anche San Pietroburgo, nel cuore della Russia di Putin. Dopo una breve tregua, il terrorismo internazionale è dunque tornato a colpire. Sì perché, pur in assenza di conferme e rivendicazioni (che non tarderanno a venire), paiono esserci pochi dubbi che lo spietato attacco che ha avuto luogo nel primo pomeriggio di ieri nella metropolitana della meravigliosa città sul Baltico (all'apparenza una sola bomba deflagrata e una seconda trovata inesplosa dagli artificieri) sia stato concepito e messo in atto con fredda e spietata lucidità, come già avvenuto in altre metropoli negli scorsi mesi: per ammazzare più gente innocente possibile. In base all'ormai sempre più nota strategia del terrore che non conosce né limiti né confini geografici.
Quattordici morti e quarantacinque feriti (di cui tredici gravissimi) sono il bilancio, ancora provvisorio, di questa nuova strage senza nome. Un altro eclatante attentato che potrebbe essere stato provocato da terroristi ceceni come pure da combattenti della jihad attivi nelle cerchie dello Stato Islamico, e magari motivato dal coinvolgimento russo nel cruento conflitto siriano. Lo sapremo nelle prossime ore, ma poco importa. Le vittime sono vittime. E ad appena diciannove giorni dall'attentato di Londra sfociato in cinque morti e cinquanta feriti, eccoci nuovamente di fronte ad un altro sanguinoso attacco terroristico e a piangere la morte di nuovi innocenti, con gli occhi pieni di incredulità e di paura. E se ci fossimo stati noi, su quella metropolitana, magari in viaggio di piacere, con i nostri cari? I confini del terrore si abbattono, almeno velocemente quanto la possibilità di diventare spettatori (se non potenziali protagonisti) della spietata violenza di uno stuolo di fanatici coordinati da chissà chi.
Intanto, mentre si precisano i contorni del nuovo sanguinoso assalto, è sempre più chiaro, ormai, che i terroristi non si fermano davanti a niente e a nessuno. Né di fronte alle democrazie più collaudate dell'Unione europea (e ritenute responsabili delle aggressioni al mondo arabo) né davanti alle nazioni vicine all'Europa, governate autoritariamente, come la Turchia del sultano Erdogan, o, appunto, la Russia dello zar Putin. Negli scorsi giorni il presidente François Hollande aveva ribadito ancora una volta che "siamo in guerra" e che il terrorismo, ormai diventato fenomeno globale (pur se spesso alimentato da fanatici lupi solitari), va combattuto con l'unità e il coordinamento degli Stati.
Neppure la Russia, un Paese con uno degli apparati di sicurezza più efficienti e un servizio dl'intelligence di prim'ordine, può dunque considerarsi al sicuro dalla minaccia del terrorismo di stampo islamico. Oggi a piangere i suoi morti tocca alla Russia e alla splendida San Pietroburgo in particolare. Ciò che accadrà domani non si sa. Si sa però, fin d'ora, che per il prossimo attacco è purtroppo soltanto una questione di tempo e che le risposte alla strategia del terrore non sono un affare semplice e che queste costituiscono in assoluto la sfida più complessa e difficile per la società moderna.