Bomba ad orologeria made in USA

La guerra dei dazi lanciata da Donald Trump non ha creato molto pessimismo tra le imprese svizzere. A confermarlo è l’indice dei responsabili degli acquisti delle piccole e medie imprese calcolato da UBS. In agosto si è infatti attestato a 49 punti sotto la soglia di crescita, ma in rialzo di 0,2 rispetto a luglio. Eppure i dati sulla crescita hanno segnalato una brusca frenata nel secondo trimestre di quest’anno: dallo 0,7% dei primi tre mesi di questo 2025 allo 0,1% nei tre mesi successivi. Ciò conferma la forza dell’economia elvetica che è in grado di ammortizzare gran parte degli effetti negativi del prolungato cattivo andamento di un partner commerciale (come la recessione tedesca) oppure di un forte rialzo del valore del franco. Queste considerazioni ci danno grande fiducia, ma non ci permettono di non seguire con attenzione quanto succede a livello internazionale. A questo livello le prospettive si offuscano, poiché l’economia mondiale è messa male. Anche negli Stati Uniti la crescita si fonda su un enorme deficit pubblico in gran parte finanziato dall’estero. In altri termini su una bolla che Donald Trump sta affannosamente cercando di non far scoppiare. La prima mossa sono i dazi per incassare miliardi di dollari per non far esplodere il disavanzo pubblico e gli impegni strappati ai vecchi alleati di investire negli Stati Uniti e di acquistare il gas americano per ridurre il disavanzo commerciale e creare nuovi posti di lavoro.
Questi «ricatti» non basteranno a eliminare il rischio di una crisi finanziaria degli Stati Uniti. Appare quindi probabile che Donald Trump, che si propone di far pagare ai Paesi amici il risanamento dei conti americani, ritorni alla carica con nuove richieste miliardarie. Tutto ciò vuol dire che il mondo è seduto su una bomba ad orologeria «Made in USA». Anche solo gli impegni presi dall’Unione europea con Donald Trump dimostrano che il salvataggio degli Stati Uniti è al di là dei mezzi del Vecchio Continente. Basti pensare che Bruxelles si è impegnata ad acquistare 250 miliardi di dollari di gas americano e di investire negli Stati Uniti 600 miliardi dollari. Il primo problema è che la Commissione dovrà fare il giro dell’Europa per trovare società disposte a comprare gas americano che costa due fino a tre volte di più di quello disponibile sul mercato e a riprendere il giro del Vecchio Continente per trovare i gruppi industriali desiderosi di investire negli Stati Uniti. Gli impegni europei non finiscono qui. Vi è anche la promessa di aumentare al 5% del PIL le spese militari e poi la sottoscrizione del programma di 900 miliardi chiamato all’inizio Rearm Europe, cui si aggiungono i programmi tedeschi di costruire il più forte esercito convenzionale europeo. Ci si deve domandare se queste spese non facciano esplodere i disavanzi pubblici europei e se siano realizzabili solo con il ricorso alla stampa di nuova moneta da parte della Banca centrale europea. Insomma si devono creare dal nulla nuovi soldi: un esercizio che storicamente ha sempre portato al disastro. In conclusione, la vera paura per l’Occidente è rappresentata dalle attuali classi dirigenti che sfornano idee insostenibili a ogni piè sospinto e che rendono impossibile formulare previsioni.