Carta canta

Ognuno ha avuto la propria educazione sentimentale ai media. Io sono cresciuto tra il fruscìo dei giornali e il crepitare della radio. Poi irruppe la lanterna magica della televisione. Credevo che il pluralismo mediatico bastasse così finché non ho visto l’invasione elettronica (smartphone, web, social media e via cliccando). Come tutti, mi ci sono accostato con diffidente goffaggine e con faticoso giovamento. Ma per la mia generazione i «fondamentali» restano quelli delle pagine di giornale e del suono della radio (e infine «venne la TV», dove peraltro, dopo dieci anni di radio, ho lavorato per 30 anni). Ma i primi amori, si sa, non si scordano mai. Per questo mi associo volentieri a chi combatte per far sopravvivere i giornali mantenendo la forma cartacea e sbarcando al tempo stesso sui circuiti web, sia con le edizioni elettroniche, sia con i propri siti diversificati e aggiornati in tempo reale. L’esercito del web, si dice, avanza vittorioso, sostenuto dalle artiglierie pesanti delle tv e dei cellulari attraverso i quali ormai passa tutto: telefonate, scritti, televisioni, giornali, surrogati di vita. Sì, la carta fa fatica e i giovani leggono sempre meno giornali, bastando loro la giungla dei social network e dei distillati mediatici online. Dai 55 anni di età in su c’è ancora una buona truppa di lettori che ama sfogliare i giornali di carta. Ma fra i più giovani l’abbandono del cartaceo è vistoso. Le loro informazioni le desumono da una fruizione elettronica frammentata, compulsiva e al tempo stesso distratta. Al di là dell’esercito giovanile che diserta la carta stampata, esiste una percentuale crescente e di ogni età di persone che si forma disordinatamente sui siti vari (certi autorevoli, certi farlocchi) o si nutre direttamente sui social, questa giungla in cui trovi di tutto, e intendo tutto ciò che sta fra il sublime e il miserabile. Apro una parentesi per parlare un attimo anche della TV (un’altra volta riprenderò il discorso): anche le televisioni devono adeguarsi, e lo stanno facendo, a un modo di fruizione che sta sbalestrando vecchi canoni e certezze di palinsesti. Sta finendo, salvo che per gli anziani, l’epoca della serata sul divano di fronte al teleschermo. Oggi i programmi sono frazionati in mille piste, vengono rintracciati e ripresi, ognuno si crea il proprio palinsesto nervoso e sminuzzato, frugando nella giungla delle offerte. La radio mantiene un suo fascino d’uso, come mezzo fluido che si insinua ovunque, dall’automobile al comodino. Ma anche qui il vecchio apparecchio-mobile con il canale unico preferito è scomparso, la fruizione è a tocchi e flussi, spezzettata, anche le radio stanno reinventandosi.
Ma torniamo alla carta sfidata dal web. Intanto, i giornali hanno capito che si può usare il web per rilanciare e allargare sé stessi. La seduzione delle parole stampate su carta può convivere con quella dell’informazione elettronica. Anzi: dalla Francia e dall’Inghilterra (in parte anche dagli USA) giungono notizie secondo le quali alcune nuove riviste di carta, ben fatte, con articoli lunghi, opinioni chiare e belle illustrazioni, stanno guadagnando mercato in modo vistoso: sono di settore, ma conquistano fasce robuste di lettori.
Non suonino, questi appunti, come nostalgia: le prodigiose invenzioni elettroniche sono state inventate per essere usate, indietro non si torna. Però si può desiderare che le nuove tecnologie non appiattiscano il desiderio di una informazione strutturata e di qualità, pensata e classica, autorevole (che sia stampata o sonora o in video). L’iper-informazione di oggi e la bulimia ininterrotta di notizie riempiono fino allo spasimo le nostre ormai sature coscienze di fruitori e inducono a una inevitabile indifferenza. Ogni nuova notizia brucia quella di un’ora prima, ogni ammasso di informazioni, se non viene severamente selezionato e gerarchizzato, rende relativizzata e indistinta la comunicazione. Nel buio della notte intasata dalle news, tutti i fatti sono grigi. Eppure abbiamo ancora sete. Non tanto di notizie. Quelle le abbiamo, appunto. Anche troppe. Di fronte a valanghe di news sentiamo la mancanza di una sosta. Sapere una notizia non basta. Bisogna capirla. Spiegarla. Ecco una bella sfida per il giornalismo: di carta, in voce o su schermi.