Commento

C’era una volta il mercato

I peggiori nemici del mercato sono monopoli e cartelli, mentre il sussidio ne è uno dei più temibili falsificatori
Tito Tettamanti
Tito Tettamanti
15.09.2023 06:00

Il mercato nel mondo dell’economia non è figlio di speculazioni filosofiche, espressione di un’ideologia, è semplicemente il migliore sistema disponibile, perlomeno fra quelli sperimentati fino a oggi, per determinare il valore dei beni prodotti. Si sbagliano quanti ritengono che il valore non sia altro che il corrispettivo della somma dei costi di produzione, a cominciare dal lavoro. Una merce non richiesta, che non trova un acquirente, non ha valore economico. Quale premessa per il suo efficiente funzionamento il mercato necessita che il consumatore sia libero nelle sue scelte e che non venga sottoposto a condizionamenti nelle sue decisioni.

D’altronde il fallimento delle economie comuniste e i molti problemi di quelle dirigiste sono la conseguenza di produzioni statali di beni e servizi realizzati senza interrogarsi su ciò che effettivamente i consumatori desiderano. Pensando di conoscere meglio dei consumatori stessi quale fosse il loro bene, in realtà i pianificatori si mettevano in condizione di non apprendere nulla su gusti, opinioni, desideri dei loro simili.

I peggiori nemici del mercato sono monopoli e cartelli che condizionano o addirittura impongono le scelte dell’acquirente.

Non facciamoci illusioni, il mercato libero di operare asetticamente, senza condizionamenti, imposizioni, lacci amministrativi non esiste più da tempo. Troppe sono le interferenze statali, le pastoie burocratiche, senza dimenticare lo strapotere di grossi produttori internazionali alleati con lo statalismo.

Uno dei più temibili falsificatori del mercato è il sussidio, e purtroppo viviamo in un’economia pesantemente influenzata dal sussidio statale.

Esempio illuminante le misure economiche prese dagli USA del Presidente Biden.

Sono stati deliberati sussidi per 430 miliardi di dollari (Inflation Reduction Act) destinati alla tecnologia verde e alle energie rinnovabili. Si sono aggiunti 230 miliardi di dollari per il «CHIPS and Science Act», per l’industria dei semiconduttori, che approfitterà pure di 52 miliardi di dollari per la ricerca. Sommando tutto si arriva a un totale non lontano dal bilione (mille miliardi) di dollari, oltre alle facilitazioni fiscali.

Sì, ma l’America è ricca, ha il dollaro. Vero, ma con l’eccezione di Clinton, da decenni chiude i conti statali in perdita (nel 2022 pari al 5%), ha un totale di debiti di 31.400 miliardi pari al 129% del PIL. Sino a quando i creditori esteri non se ne preoccuperanno?

Le altre nazioni reagiscono a tale sconsiderata costosa politica dei sussidi con la stessa moneta. L’UE ha votato crediti in favore della propria industria dei semiconduttori per 43 miliardi di euro. La Germania sussidia con 5 miliardi di euro la metà dell’investimento da parte della ISM, colosso taiwanese dei chip, per una fabbrica a Dresda. Il prodotto germanico costerà il doppio di quella taiwanese. Gli USA rispondono regalando 7.500 dollari per l’acquisto di ogni macchina elettrica prodotta in America.

E da noi in Svizzera? Abbiamo una società che ha già ottenuto dagli USA un sussidio di 90 milioni di dollari per un’unità di produzione in America. La società svizzera da tempo produce pannelli fotovoltaici. Negli anni ha accumulato milioni di perdite e anche nel primo semestre 2023, prima degli interessi e tasse, denuncia una perdita di 50 milioni di franchi. Accumulo di perdite attribuito dai dirigenti alla sleale concorrenza sui prezzi da parte cinese.

Ora, pur non conoscendo la società e con tutto il rispetto per i gestori, mi permetto di dubitare che la semplice apertura di una fabbrica negli USA permetta alla società di realizzare profitti.

L’unica differenza è che perdite e investimenti invece di venir sopportati dagli azionisti della società (come corretto nel nostro sistema) vanno per 90 milioni di dollari a carico del contribuente americano.

Anche noi in Svizzera in materia di sussidi non ci lasciamo mancare niente, ne distribuiamo annualmente per oltre 48 miliardi di franchi e molti, stando ad uno studio dell’IWP (Institut für Schweizer Wirtschaftspolitik) dell’Università di Lucerna, danno adito a fondate perplessità.

Questa politica dei sussidi, che spesso fa a pugni con l’economicità (ed il buon senso), e ci porta a nazionalismi economici che ricordano le autarchie, come viene finanziata dagli Stati? Non certo con gli eccessi e disponibilità di bilancio inesistenti ma con il continuo aumento del debito pubblico, grazie al sostegno delle banche centrali. Quest’ultime con le passate politiche dei tassi zero, per soccorrere i Governi di Paesi straindebitati, hanno portato a gonfiare in modo insano i valori dei beni e creato le premesse per l’odierna inflazione.

Sino a quando questo ipertrofico pallone alimentato da valorizzazioni fasulle riuscirà a non scoppiare? O dobbiamo lasciare il passo alla MMT (Modern Money Theory) che si basa sulla erogazione continua di moneta da parte di Stati che, si dice, non possono fallire? Ma finire in miseria sì.

Non conosco le risposte ma suggerisco il titolo che gli storici dell’economia potrebbero dare ai loro studi sulla nostra epoca: la grande truffa.