Tra il dire e il fare

Christian Vitta e i salumieri

I soldi, si sa, sono spesso motivo di litigio. Specialmente quando scarseggiano in famiglia, fra gli amici, in politica
Alessio Petralli
Alessio Petralli
12.02.2024 06:00

I soldi, si sa, sono spesso motivo di litigio. Specialmente quando scarseggiano in famiglia, fra gli amici, in politica. I nostri politici hanno litigato a lungo sul preventivo per cercare di contenere un deficit di un centinaio di milioni.

Con Christian Vitta, responsabile delle finanze del nostro Cantone, è però difficile litigare. Politico di lunghissimo corso, nonostante sia poco più che cinquantenne, ha mantenuto nel tempo la sua cifra di bravo ragazzo educato e rispettoso di tutti. Anche per gli avversari è difficile volergli male. Molto bene, considerando i tempi che corrono.

Vitta è al terzo mandato, che potrebbe essere l’ultimo, poiché dodici anni logorano chiunque, specialmente se si occupa dei soldi di tutti e deve dire di no a molti. Il non dover pensare alla propria rielezione consente quindi di osare, ciò che è già stato fatto ma che pare non essere stato sufficientemente considerato.

Vitta è un politico preparato, con dottorato in economia politica a Friborgo e dissertazione sull’allora TSI. Nel gennaio del 2018, poco prima della votazione No Billag, Vitta visita gli studi di Comano di quella che nel frattempo è diventata la RSI e da acuto conoscitore così si esprime nei confronti dell’azienda: «Siete una parte molto importante del nostro tessuto economico. Una realtà che beneficia della perequazione a livello federale, un datore di lavoro solido, che crea indotto, che è un riferimento in ambito tecnologico e che investe sul futuro».

Probabilmente fra un paio d’anni voteremo e decideremo se ci conviene ridimensionare drasticamente questo «datore di lavoro solido», svalutando una perequazione che ci è da sempre oltremodo favorevole. In sintesi: paghi uno (40 milioni di canone radiotelevisivo) e porti a casa cinque (più di 200 milioni per produrre, con mille posti di lavoro perlopiù pregiati, i programmi di due reti TV e tre reti radio).

Sia detto per inciso che il termine «perequazione» significa in sostanza, se calibrata bene, «eliminare le ingiustizie, dando a ragion veduta a chi ha bisogno e togliendo a chi ha troppo». È uno dei pilastri del nostro federalismo, che in Svizzera funziona bene, in particolare per i media di servizio pubblico.

Ma almeno per noi funziona male per quanto riguarda la perequazione intercantonale. Ed è proprio qui che Vitta ha osato parecchio, dicendo a chiare lettere ciò che pensa. Citiamo da un suo post su Linkedin dello scorso dicembre: «Perequazione intercantonale, alcune riflessioni su un sistema che non considera le particolarità del nostro Ticino», in cui si sostiene che «l’attuale sistema è decisamente insoddisfacente», visto che non tiene conto che confiniamo con «un’area metropolitana di oltre 10 milioni di abitanti».

Nella ridistribuzione di risorse fra Cantoni ricchi e meno ricchi ballano fior di milioni (per l’esattezza nel 2024 verranno versati 5,9 miliardi!), talmente tanti che i milioni mancanti nel nostro preventivo sembrano quasi noccioline. Entrando nel vivo delle cifre, nel 2024 il Ticino riceverà 86.8 milioni di franchi, ammontare che secondo la giusta osservazione di Vitta «stride in modo evidente con quello che riceveranno altri Cantoni: (…) i Grigioni beneficeranno di 235 milioni di franchi, il Vallese di 884 milioni di franchi (…) e Friborgo di 617 milioni; senza parlare di Berna con i suoi 1.3 miliardi di franchi di entrate dalla perequazione».

C’è di che rimanere allibiti perché certe intollerabili distorsioni durano da decenni! Guardiamo però avanti e cerchiamo di porre rimedio affrontando subito uno dei principali problemi che, sempre secondo Vitta, riguarda la presunta ricchezza globale del Canton Ticino. Nei calcoli della perequazione sono infatti erroneamente considerati i redditi degli 80mila frontalieri, mentre quando si tratta di dividere questa ricchezza per stabilire il reddito pro capite determinante, i frontalieri spariscono. Insomma si divide la torta per 355mila e non per 435mila e quindi per Berna ogni ticinese risulta disporre di una fetta più grossa di quella che effettivamente è. In poche parole risultiamo più ricchi (o «meno poveri») di quanto siamo. Mentre, tanto per ribadire, i «poveri» confederati vallesani, con una popolazione analoga (e pochi frontalieri) nel 2024 incamerano 884 milioni, ovvero più di dieci volte (dieci!) di quanto arriva in Ticino.

Di certo, il tema della perequazione non si riduce a questi dati ed è di grande complessità, ma ciò non giustifica l’inefficacia che dura da una vita di una parte cospicua della nostra classe politica.

Christian Vitta, in vista dei prossimi preventivi, dovrebbe concentrarsi soprattutto su questo tema, approfondendo scientificamente tutti i dettagli e tessendo le opportune alleanze politiche in casa e a livello federale con l’aiuto della deputazione ticinese a Berna.

Una perequazione intercantonale che ricalchi quella della SSR fra regioni linguistiche (da non smantellare con voto masochista e avventato!) sarà impossibile da ottenere, ma basterebbe beneficiare della metà di quanto arriva ad esempio nel Canton Friborgo e saremmo a posto per diverse legislature a venire. La politica economica la smetta di occuparsi delle pagliuzze del pizzicagnolo e si concentri sulla trave dei grandi salumieri. Quelli ricchi che mangiano a quattro palmenti e incassano che è un piacere.