Ventisei Cantoni

Ci salverà il nucleare?

I Vallesani hanno respinto il Solarexpress che avrebbe permesso di tappezzare le Alpi di pannelli solari per direttissima – Ma la transizione energetica ci obbliga ad aumentare drasticamente la produzione elettrica – Dovremo riconsiderare anche nuove centrali nucleari?
Moreno Bernasconi
19.09.2023 06:00

Nel primo test popolare dal varo parlamentare del cosiddetto «Solarexpress» (l’offensiva volta a potenziare il fotovoltaico), i Vallesani hanno bocciato la legge cantonale che avrebbe permesso di costruire facilmente parchi solari di dimensioni gigantesche sulle cime delle Alpi.

Caricaturando un po’ il voto vallesano, l’ipotesi di vedere il Cervino ricoperto di pannelli solari ha fatto raffreddare gli entusiasmi verso progetti di istallazioni fotovoltaiche inizialmente megagalattici, poi ridimensionati nella loro ampiezza invasiva e alle quali ora è stata tolta la possibilità di godere di un’approvazione accelerata.

Nel dibattito alle Camere di una settimana fa sulla Legge federale sull’approvvigionamento sicuro di elettricità da fonti rinnovabili, il ministro dell’ambiente Albert Rösti ha precisato che il voto vallesano «non rappresenta un no generalizzato alle istallazioni solari sulle Alpi; è stata semplicemente respinta la procedura di approvazione accelerata di queste istallazioni nel canton Vallese». Precisazione più che opportuna.

Che però fa capire come il «Solarexpress» (varato in fretta e furia per scongiurare il pericolo di penuria energetica che un anno fa aveva suscitato forti paure) non può essere un TGV o un Frecciarossa. L’offensiva deve ragionevolmente tener conto di interessi altrettanto importanti, come la protezione di un paesaggio alpino incantevole che attira milioni di persone da tutto il mondo ed è un fattore rilevante per il turismo, il PIL elvetico e l’occupazione.

«Occorre distinguere fra aree nelle quali la produzione energetica è adatta e avrà priorità e altre aree (zone protette, superfici per la produzione agricola o ortofrutticola, paesaggi di grande bellezza) che non si prestano(…) - ha detto Rösti in Parlamento -. Se si costruirà oppure no lo decideranno i Cantoni nell’ambito dei piani direttori della pianificazione territoriale».

La votazione in Vallese ha quindi avuto il merito di fare chiarezza. Bene. Tanto più che oggi «la situazione è nettamente migliore di un anno fa riguardo al pericolo di penuria energetica» - ha precisato -.

Ma attenzione: il ministro dell’energia ha voluto evitare fraintesi su questo punto. «Le misure d’emergenza adottate sono state solo transitorie. Infatti, la transizione energetica impone al nostro Paese di produrre più elettricità: al più presto possibile - ha clamato Rösti -. Entro 5 o massimo 10 anni abbiamo bisogno di almeno 3-5 terawattore in più all’anno, il 10% del consumo globale» - ha precisato in un’intervista -.

Come? Pensare di farlo potenziando soltanto il solare è una pia illusione. Ci vuole anche un aumento delle capacità dell’idroelettrico (a cominciare dagli impianti del Grimsel, il Trift e il Gornergrat), dell’eolico (laddove esiste un’accettanza popolare), e occorre assolutamente evitare casi incresciosi come lo spegnimento anticipato della centrale di Mühleberg nel 2019, «sull’onda di un euforico abbandono del nucleare».

«Una decisione che ha privato la Svizzera di 3 terawattore di corrente, le cui conseguenze stiamo pagando pesantemente. Oggi per fortuna quell’entusiasmo ingenuo è svanito - ha rincarato Rösti -: Confederazione, Cantoni e Società sono concordi sul fatto che dobbiamo tenere in vita le centrali nucleari finché la loro sicurezza è garantita».

E per fortuna - ci permettiamo di ricordare - che il popolo svizzero ha avuto la saggezza di respingere l’iniziativa dei Verdi per la chiusura anticipata delle centrali nucleari. Rifiutando così di seguire le orme della Germania, che ha spento le centrali atomiche (CO2 neutrali) e oggi - a causa delle sanzioni contro la Russia da cui si era resa pesantemente dipendente dal punto di vista energetico - non solo subisce una profonda crisi economica ma deve produrre energia col carbone ultrainquinante.

Se la Svizzera vuole abbandonare completamente le energie fossili e diventare CO2 neutrale entro il 2050 (fra 27 anni), occorre - secondo gli scenari elaborati dal Parlamento - aumentare di 45 terawattore la produzione di elettricità da energie rinnovabili. Un’enormità.

Se il popolo svizzero non vorrà tappezzare le Alpi e il Piano con pannelli solari (considerando che anch’essi inquinano, hanno una durata limitata e aumentano la nostra dipendenza dalla Cina, che li produce con gravi danni all’ambiente) allora la questione di nuove centrali nucleari di nuova generazione (CO2 neutrali) tornerà di stretta attualità.