Il commento

Claudio Ranieri è il Cagliari, proprio come Gigi Riva

L'intelligenza di un (grande) uomo si misura anche nella consapevolezza dei propri limiti: l'allenatore ha capito che più di così, nella sua adorata Cagliari, a 72 anni ormai suonati, non avrebbe potuto fare
Paride Pelli
22.05.2024 16:00

I sentimenti, per chi ha la fortuna e il fegato di tifare Cagliari, sono contrastanti. Poche ore dopo l’agognata salvezza, raggiunta a Reggio nell’Emilia con la vittoria contro il Sassuolo davanti a 4 mila tifosi in delirio – giunti da ogni dove (anche dal Ticino) per spingere la propria squadra del cuore – Claudio Ranieri ha detto basta, con una lunga dichiarazione toccante via social che ha commosso tutti: dai dirigenti ai giocatori, informati poco prima negli spogliatoi, molti dei quali in lacrime, ai tifosi, increduli per un epilogo sì logico ma allo stesso tempo difficile da metabolizzare. Già, perché Claudio Ranieri è il Cagliari, proprio come Gigi Riva. Per lui tre promozioni pazzesche, due salvezze al limite dell’incredibile, oltre a un trionfo in Coppa Italia di Serie C. Ma l’intelligenza di un (grande) uomo si misura anche nella consapevolezza dei propri limiti: e Ranieri ha capito che più di così, nella sua adorata Cagliari, a 72 anni ormai suonati, non avrebbe potuto fare.

Saluta da Signore con la «S» maiuscola un popolo unico, che lo porterà nel cuore insieme all’altro unico Re, «giggirriva» appunto, colui che un anno prima di morire l’ha convinto, con una lunga telefonata, a far ritorno sull’isola per firmare un altro miracolo. Ranieri inizialmente non voleva saperne, non voleva rischiare di rovinare il ricordo, magico, di una doppia promozione consecutiva dalla C alla A (1988-90) e della salvezza rocambolesca nel massimo campionato la stagione seguente. Ma la voce roca e seducente di Riva e il richiamo di una piazza che per lui ha sempre rappresentato casa, hanno avuto la meglio sulla ragione e sui freddi calcoli. «Al diavolo – ha pensato colui che nel 2016 vinse un leggendario campionato con la matricola Leicester in Inghilterra – c’è una missione da portare a termine». A gennaio 2023 ereditò in Serie B una squadra in piena crisi, più vicina alla retrocessione che alla promozione, portandola subito a un’insperata e non preventivata scalata in Serie A con un gol (di capitan Pavoletti) all’ultimo secondo dell’ultima partita-spareggio di Bari. Poi, quest’anno, l’ultimo capolavoro: parte male, anzi malissimo, ma lui, malgrado il mare in tempesta, mantiene la barra dritta e i suoi uomini, tutti, restano, al suo fianco, come fedeli soldati. «Per lui ci butteremmo tutti nel fuoco» disse un giorno proprio Pavoletti. Poi un giorno, quando perde male in casa contro la Lazio e il baratro si apre, ecco il colpo di scena e di genio: dimissioni negli spogliatoi, davanti ai giocatori attoniti e ai dirigenti muti. I suoi giocatori-discepoli allora si alzano, uno a uno, e lo pregano con tutta la loro forza di rimanere. «Mister, senza di lei non ce la faremo mai a salvarci». Lui accetta di restare ma li responsabilizza, dice che vuole di più da loro, che il fatto che in panchina ci sia Ranieri non è sempre e per forza garanzia di successo. È lì che il gruppo si compatta ancora di più, che si convince delle sue potenzialità: il Cagliari dato da molti già per spacciato, con un’ossatura oggettivamente modesta, macina punti e torna in corsa, non certo attraverso il bel gioco ma grazie a un carattere che incarna lo spirito del suo mister e la volontà di non mollare mai.

Lo shock per la morte improvvisa di Gigi Riva, quattro mesi fa, diventa un ulteriore stimolo per onorare la memoria del mito con un risultato storico: la salvezza, che da trent’anni a questa parte (nel 1994 l’ultima apparizione europea del Cagliari in Coppa UEFA) per i tifosi rossoblù, vale come uno scudetto, né più né meno. A Reggio nell’Emilia, la scorsa domenica, arriva il lieto fine di un’annata e di una favola vissuta sulle montagne russe, tra gioie e dolori. Tutti temevano che Ranieri dicesse di nuovo addio al Cagliari, questa volta per sempre: si sussurra che già prima di domenica aveva iniziato a sgomberare casa, in viale Diaz, perché aveva intuito che con questa ulteriore impresa il cerchio si sarebbe ormai definitivamente chiuso. E così è stato. Domani, giovedì, alla Unipol Domus, vicino al dismesso Sant’Elia, contro la Fiorentina, vi sarà la sua ultima partita da allenatore del Cagliari, e probabilmente la sua ultima partita tout court su una panchina: le lacrime, copiose, righeranno il suo viso e quello dei sedicimila presenti, che hanno amato, amano e ameranno per sempre questo Signore con la «S» maiuscola come accaduto prima di lui solo con il mito «giggirriva».