Come stare nel presente
Attraversando il Festival possiamo e vogliamo porci una domanda: come stare nel presente? Come farlo quando le notizie che provengono di continuo dal resto del mondo rischiano di rendere obsolete tutte le nostre riflessioni, a volte prima ancora di riuscire a formalizzarle, a fissarle come tali?
L’opera con la quale abbiamo deciso di inaugurare il programma della sezione «Cineasti del presente», l’ungherese Fekete pont («Lezioni imparate») di Bálint Szimle, credo sia utile per capire in che modo sia possibile raccontare la deriva autocratica e autoritaria del mondo. Il film è interamente ambientato in un istituto scolastico nel quale anche cambiare una sola finestra è difficile, problematico. Un luogo in cui gli studenti sono esposti a violenze psicologiche e abusi mentali di ogni tipo.
Si tratta, chiaramente, di un’allegoria; e tuttavia, la precisione attraverso la quale il regista inquadra questi spazi chiusi ci permette di capire che, progressivamente, anche gli spazi del nostro vivere comune, del nostro quotidiano, si riducono o rischiano di ridursi drammaticamente.
Ma la questione del presente, o meglio, come dicevo, del modo in cui vivere e stare nel presente, affiora anche altrove. Penso, nell’ambito della retrospettiva dedicata alla Columbia, al cortometraggio di Jules White You Natzi Spy!: diciotto minuti realizzati quasi in tempo reale a Hollywood, nel 1940 (otto mesi prima del Grande dittatore di Charles Chaplin), nei quali ci si prendeva gioco della corsa al potere hitleriana. Un film ritrovato, riemerso letteralmente dalle pieghe della storia della grande casa di produzione americana, che ci dà l’occasione anch’esso - grazie pure alla straordinaria interpretazione dei «Tre marmittoni» (The Three Stooges) - di riflettere su quanto sia importante osservare da vicino, in tempo reale, i meccanismi del potere.
Dunque, essere presenti nel proprio tempo. E, in questo senso, anche il concorso offre spunti interessanti. In questo momento, ad esempio, in cui la ritrovata centralità femminile è oggetto, per fortuna, di una discussione molto appassionata, un film come Salve Maria, di Mar Coll, ci consente di tornare a ragionare su questioni quali la maternità, il nucleo familiare, il ruolo della donna, e così via.
Concludo, sempre rimanendo ancorato allo stare nel presente, sottolineando l’infinita vitalità del cinema italiano espressa da Luce, di Silvia Luzi e Luca Bellino. Un dramma neorealista, operaio, che in qualche modo si rifà a Jean Cocteau e a Roberto Rossellini, nello specifico quelli della Voce umana.
Perché poi, in fondo, ciò che serve per orientarci nel presente è una voce umana alla quale possiamo fare riferimento, alla quale affidarci. E d’altronde, quale migliore bussola di una voce umana che sappia tenerci in piedi?