Crescita mondiale, lo scenario della fase
Come già il Fondo monetario internazionale (FMI) in luglio, ieri anche l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha leggermente migliorato le previsioni sulla crescita economica mondiale. Dopo aver misurato per la prima metà del 2023 un aumento del PIL globale del 3,2%, lievemente superiore alle aspettative, l’OCSE indica ora una crescita mondiale del 3% per quest’anno e del 2,7% per il prossimo. Rispetto alle previsioni del giugno scorso, si tratta di un incremento di 0,3 punti per il 2023 e di una discesa di 0,2 punti per il 2024, con un saldo positivo quindi per il biennio nel suo complesso. L’FMI dal canto suo aveva indicato 3% sia per quest’anno sia per il prossimo, con un miglioramento delle previsioni di 0,2 punti per il primo e con una conferma per il secondo.
L’esiguità delle percentuali di cambiamento nelle previsioni non deve trarre in inganno, perché si sta parlando di Prodotto interno lordo mondiale e dunque di cifre sottostanti molto rilevanti. È significativo il fatto che due tra le maggiori istituzioni economiche non prevedano né un accentuarsi del rallentamento, né una recessione annua internazionale. Mentre le tensioni geopolitiche ed economiche spingono molti a dare come probabile o addirittura certa una contrazione dell’economia globale, l’FMI e l’OCSE ribadiscono che si rimarrà in area crescita. Il rallentamento c’è, e non potrebbe che esser così visto il quadro, ma una vera recessione, cioè annua, non si vede. Ci sono difficoltà, senza dubbio, ma non c’è il crollo che molti hanno previsto e continuano a prevedere. O si pensa che queste istituzioni non dicano il vero, che sbaglino totalmente i loro calcoli, ipotesi entrambe francamente assai poco credibili, o si prende atto che dalla grande mole di dati di cui dispongono FMI e OCSE emerge una resilienza dell’economia mondiale.
Guardando più da vicino queste ultime previsioni dell’OCSE si può anche avere un’idea della geografia di questa resilienza. Andando ad alcuni punti principali, si può osservare come gli Stati Uniti siano la maggior sorpresa positiva, con una crescita stimata ora al 2,2% nel 2023 e all’1,3% nel 2024, in entrambi i casi in netto miglioramento rispetto alle precedenti previsioni. L’Eurozona è vista allo 0,6% quest’anno e all’1,1% il prossimo, su entrambi i versanti in peggioramento; anche l’area dell’euro non è però vista in recessione annua, dunque questa volta andrà meglio del suo maggior traino, la Germania, che è l’unica tra le grandi economie ad essere indicata in negativo nel 2023 (-0,2%, con una parziale ripresa allo 0,9% nel 2024).
Per la Cina l’OCSE prevede una crescita del 5,1% quest’anno e del 4,6% il prossimo; il Dragone ora cresce meno di quanto ci si aspettasse, ma pur riconoscendo i suoi indubbi colpi di freno occorre aggiungere, per completare il suo quadro, che le cifre sono nonostante tutto ancora ragguardevoli e che non è in rallentamento rispetto al 2022, che con un 3% è stato più magro per Pechino. Interessante è per alcuni aspetti il percorso dell’India, che rallenta in rapporto all’anno scorso ma incassa previsioni non indifferenti da parte dell’OCSE per il 2023 (6,3%) e per il 2024 (6%); la stima per quest’anno è in miglioramento, quella per l’anno prossimo invece non lo è, ma occorre notare che il passo di quest’altro gigante asiatico rimane nel complesso sostenuto.
Uno sguardo alle latitudini elvetiche. Secondo l’OCSE la Svizzera dovrebbe avere una crescita economica dello 0,6% nel 2023 e dell’1,2% nel 2024. Le previsioni vengono dunque confermate, con un rallentamento quest’anno e con una risalita l’anno prossimo. La Segreteria di Stato dell’economia (SECO) dirà la sua nell’aggiornamento delle previsioni congiunturali. Intanto si può registrare che anche per l’OCSE la Svizzera, pur procedendo ora ad una velocità minore, chiaramente eviterà una recessione annua. L’inflazione elvetica è vista dall’OCSE ad una media annua del 2,4% nel 2023 e dell’1,2% nel 2024. Il prossimo anno la Confederazione dovrebbe dunque tornare per l’insieme dei dodici mesi ad un rincaro medio compreso nella fascia 0%-2%, che è quella a cui mira la Banca nazionale svizzera. La Confederazione già ora rimane comunque a livelli di inflazione molto inferiori a quelli delle maggiori aree economiche, che hanno avuto alcuni indubbi successi nella battaglia contro i rincari ma hanno percorsi più lunghi da fare su questo terreno.