Da cavia fungano gli altri

L'EDITORIALE DI GIOVANNI GALLI
Giovanni Galli
11.06.2018 06:00

di GIOVANNI GALLI - Non c'è nessuna ragione di cambiare un sistema monetario che dà prova di stabilità e di fare della Svizzera una cavia da laboratorio per esperimenti astrusi. E neanche di mettere a repentaglio, in nome della libertà della Rete, i finanziamenti che i giochi in denaro garantiscono alle attività ed enti di pubblica utilità, tramite un sistema regolamentato e controllato. Dalle urne sono uscite indicazioni inequivocabili su come gli svizzeri vogliono che siano gestiti l'emissione di moneta e il gioco d'azzardo. L'iniziativa «Moneta intera», che voleva accordare alla Banca nazionale il monopolio della creazione di denaro, è stata letteralmente spazzata via. Di intera è rimasta solo la batosta per una proposta che, di là delle questioni di merito, aveva fondamentalmente due limiti: il fatto di essere stata promossa da un gruppo di accademici e di addetti ai lavori senza appoggi in sede politica e in organizzazioni rappresentative (il sostegno ricevuto negli ultimi giorni dal Financial Times, all'insegna del classico «armiamoci e partite», non cambia il senso del discorso); e l'aver sollevato un tema troppo tecnico e complesso. Si sa che quando l'elettore non riesce a formarsi un'opinione, o se ne sta a casa, o vota scheda bianca o, già che c'è, mette un no nell'urna. Se la Riforma fiscale III delle imprese, bocciata l'anno scorso, era un tema ostico, per capire fino in fondo le richieste e le implicazioni di «Moneta intera» non bastavano i canali d'informazione tradizionali, ma serviva un ciclo di corsi per adulti. Tre votanti su quattro hanno così confermato la fiducia nel sistema attuale, nel quale le banche hanno un ruolo importante nella creazione di moneta (scritturale), in un quadro solido e già molto regolamentato (in termini di capitale proprio, liquidità e tutela della clientela). Far credere che le banche non tarderebbero ad affondare, ha scritto l'ex presidente della BNS Jean-Pierre Roth, ha il solo scopo di mettere paura, come se si facessero evacuare subito i villaggi vallesani a valle della Grande Dixence temendo che un giorno arrivi una catastrofe. Ma soprattutto non si è capito per quale ragione, se non ideologica, bisognasse abbandonare un sistema che funziona, per fare proprio della Svizzera un «unicum» al mondo con un esperimento dagli esiti mai dimostrati. Gli iniziativisti hanno fatto tante promesse: una piazza finanziaria più solida, la garanzia della copertura integrale dei conti correnti (da gestire fuori bilancio) in caso di crisi, più soldi dalla BNS agli enti pubblici e ai cittadini. Ma i votanti ne hanno individuato soprattutto i rischi: maggiori costi per la clientela, possibili strette creditizie, un potere eccessivo concentrato nelle mani della Banca nazionale, col pericolo di metterne a repentaglio l'indipendenza. Dalla moneta intera a quella sonante, altrettanto chiaro è stato il verdetto a favore della nuova Legge sui giochi in denaro. Il testo, plebiscitato, estende il mercato (i casinò concessionari potranno offrire giochi online di blackjack, roulette e poker) e regolamenta ulteriormente le attività , prevedendo una migliore protezione dalle dipendenze. Ma questa normativa ha subito suscitato opposizioni fuori dal Palazzo, innescando un referendum che ha fatto emergere due aspetti. Una chiara frattura generazionale, con i movimenti giovanili dei partiti schierati in prevalenza contro la legge, a causa del divieto, tramite sbarramenti, di giocare d'azzardo online su siti esteri: divieto considerato un'inaccettabile restrizione alle libertà personali e allo spirito aperto della Rete. E in secondo luogo il ruolo delle lobby nelle campagne politiche; da un lato con i gestori dei siti stranieri che hanno sponsorizzato i referendisti e dall'altro le società di gioco locali che hanno dispiegato tutta la loro influenza in Parlamento. Il divieto è una norma protezionistica a tutela dei casinò (che devono sottostare a obblighi a cui la concorrenza straniera non è sottoposta) e per evitare il deflusso di incassi in atto da anni a favore di chi offre giochi dall'estero. Fra le istanze libertarie e la possibilità di mantenere i vantaggi acquisiti di un sistema collaudato, tre votanti su quattro hanno deciso per la seconda, che garantisce finanziamenti all'AVS (ora in calo) e ad attività culturali e sportive. Il discorso degli sbarramenti in rete comunque resta un tema sensibile e riguarda anche altri settori, i cui ricavi possono essere influenzati da Internet. Il caso dei casinò si è solo limitato a sollevare un problema destinato a ripresentarsi nel quadro di altre leggi, a cominciare da quella, in corso di revisione, sulla tutela dei diritti d'autore, che affronta il tema della pirateria. Sarebbe auspicabile stavolta evitare un nuovo confronto.