Situazioni, Momenti, Figure

D'Annunzio da criticare?

Negli scorsi giorni in una animata conversazione fra giovani universitari gli attribuivano più difetti che virtù – Fra poco saranno 160 anni della sua nascita e 85 dalla sua scomparsa
Salvatore Maria Fares
Salvatore Maria Fares
03.03.2023 06:00

Negli scorsi giorni in una animata conversazione fra giovani universitari ho sentito rievocare Gabriele D’Annunzio, al quale attribuivano più difetti che virtù. Fra poco saranno 160 anni della sua nascita e 85 dalla sua scomparsa. Resta però, se dei giovani ne parlavano con trasporto. Ne parlo perché è una figura che raccoglie il titolo di questa rubrica. Personalità singolare ma scrittore di pregio, con Il piacere aprì le strade di una letteratura italiana diversa, accanto a scrittrici e autori innovativi. La sua popolarità era dovuta anche al fatto che indossava la divisa e fu autore di un volo su Vienna rovesciando sulla capitale del nemico invasore migliaia di volantini, contribuendo alla soluzione del conflitto che logorava l’Italia. Una giovane universitaria gli rimprovera comunque stranezze come quella delle sue inclinazioni sessuali, molte delle quali calunniose, oggi come allora. Varrebbe la pena riscoprirlo nelle Novelle della Pescara, che aprivano a un verismo anche truce, come ne Il cerusico di mare. Poi i suoi romanzi furono avvincenti. Non ebbe il Nobel anche per alcune attribuite stranezze, sebbene la sua vasta narrativa fosse di valore. A proposito di una tolleranza del fascismo giova ricordare che in realtà era molto critico verso il regime e dalla sua posizione comunque di prestigio sociale e letterario tentò di fatto di impedire a Mussolini la tragica alleanza con il nazismo. Ci provò. Eletto sui banchi della destra, D’Annunzio cambia repentinamente schieramento, lascia il suo scranno e si dirige verso i banchi della sinistra. Il presidente del Parlamento gli chiede dove stia andando: «Verso la vita!», risponde il futuro eroe di Buccari, il poeta armato al quale anche Lenin rivolgerà le sue attenzioni nutrendo l’ingenuo disegno di affidargli una rivoluzione italiana. La letteratura mondiale era rivolta alle nuove inquietudini, due guerre si morderanno la coda, i nuovi «ismi» dilagavano, dal comunismo al nazismo. Dal frac delle feste e dei balli anche sulle strade, raccontate da tanti pittori, si passava alle divise. Ecco il vero grigio diluvio. La notte avanzava. D’Annunzio fece di tutto, invano, per dissuadere Mussolini dall’alleanza macabra con Hitler. Mentre il duce si recava a Monaco lui corre a Verona, dove fra uno stuolo sinistro di generali e gerarchi, i due si incontrano alla stazione. Appartati, pochi minuti. Poi si voltano le spalle e il poeta del Notturno risale sulla sua Isotta Fraschini dicendo fermamente ai presenti: «È la fine». Partiranno poi anche i vagoni carichi di uomini innocenti. Disse anche che le donne dei regimi avevano «costumi inverecondi». Fra loro e i loro amanti la cocaina si faceva strada.

Scendeva davvero la notte. Lui non fece in tempo a vederla, poiché se ne andò nel 1938. Quando si è autori di gesta e pagine che segnano la storia di una nazione si tende spesso a fare prevalere le pagine private negative, ma non furono le sue a intaccare una nazione. Erano anche le forti gelosie a suscitare le critiche, quando le sue erano considerate blande dal regime. Da una guerra all’altra passò una generazione. La prima era stata giusta e corsero a sostenerla personalmente anche intellettuali stranieri. Corrono cinque grandi scrittori americani che fanno la storia del Novecento letterario del loro Paese e poi anche del resto del mondo dei lettori; tanto per citarne alcuni, con l’immancabile Hemingway, c’è Fitzgerald, ci sono Dos Passos e Faulkner. Vanno a guardare come è la Storia che si scrive a causa anche delle manie degli uomini, che vanno dalla prepotenza alla follia, dall’avidità all’intolleranza. E corsero il pericolo. Verranno quasi tutti decorati. Ci sono quasi sempre delle «compagne di viaggio» accanto ai protagonisti della Storia.

Nella storia sentimentale di D’Annunzio oltre alla moglie, duchessa Hardouin di Gallese, c’era anche Tamara de Lempicka, che con la sua pittura offriva aspetti nuovi alla femminilità, ma con turbolenze lo respinse definendolo «nano informe» È risaputo che il «Vate» quando voleva avvertire una sua amante di venire nella sua casa al Vittoriale, sul Lago di Garda, faceva sparare un colpo di cannone. Qualche nobildonna poi saliva in carrozza. Ma fra questo e le devianze di cui parlavano i giovani studenti, colti, c’è tanta maldicenza. Se ne era vaccinato con l’isolamento. Non serve mitizzarlo ma gioverebbe rileggere le sue pagine senza pregiudizi. Tanti altri peccatori sono diventati santi della letteratura. Lui divenne principe.