Il commento

Debito pubblico e debito privato

La crisi del ceto medio non è un fenomeno nuovo (e infatti ne parliamo da tempo), ma oggi ha raggiunto un livello che si può constatare ad occhio nudo anche in Svizzera
Alfonso Tuor
22.10.2025 06:00

Ci sono due cambiamenti fondamentali nel funzionamento dell’economia del giorno d’oggi: il forte aumento delle diseguaglianze e l’enorme crescita dell’indebitamento pubblico e privato. Questi due fenomeni che sono in parte tra loro connessi fanno crescere in modo esponenziale i rischi di crisi sia politiche sia finanziarie. La crisi del ceto medio non è un fenomeno nuovo (e infatti ne parliamo da tempo), ma oggi ha raggiunto un livello che si può constatare ad occhio nudo anche in Svizzera: la chiusura di un crescente numero di negozi e la concorrenza sempre più aspra nel settore della grande distribuzione. Questa visuale permette di osservare «in diretta» i fenomeni in corso senza dover aspettare le più complesse (e dunque più lunghe) analisi sulla distribuzione dei redditi. Questo metodo viene ora abitualmente usato negli Stati Uniti. Infatti una ricerca condotta da Moody’s ha messo in risalto che il 10% più ricco della popolazione americana oggi assicura la metà dei consumi. Questa divaricazione dei redditi mette in rilievo che i tagli del bilancio presentato da Trump ridurranno di 1.600 dollari l’anno le risorse del 10% dei più poveri, mentre i tagli delle tasse alleggeriranno il carico fiscale annuo del 10% più ricco di 12.000 dollari. Le cause della crisi del ceto medio sono molteplici (il ruolo principale è sicuramente detenuto dai cambiamenti dell’economia) e non riguardano unicamente la politica, ma la politica è e sarà ancor più oggetto del risentimento del ceto medio, che in alcuni Paesi comincia già a mostrarsi soprattutto nelle urne.

Il fenomeno più pericoloso è però quello dell’indebitamento pubblico (nelle economie occidentali ha raggiunto il 110% del PIL) e quello privato, di cui non si conoscono i dati complessivi, che è aggravato da tutta una serie di deregolamentazioni del settore finanziario che hanno di fatto eliminato le norme introdotte dopo la crisi del 2008. Esso si manifesta nel boom di quello che viene chiamato “settore bancario ombra”, formato da hedge funds, assicurazioni, società di Private Capital, ecc. che oggi elargiscono crediti a tutti e che però sono finanziati in gran parte dalle banche tradizionali. L’FMI ha messo in luce che il totale di prestiti elargiti dalle banche europee e americane ammonta a 4.500 miliardi di dollari e che dato che queste attività si concentrano negli istituti di maggiori dimensioni, poche grandi banche hanno un’esposizione nei confronti di queste società maggiore dei loro mezzi propri che dovrebbero essere il cuscinetto di sicurezza in caso di crisi. Ma c’è di più, negli ultimi giorni l’amministrazione Trump per garantirsi la continuazione della crescita ha dato il via libera ad ulteriori 2.600 miliardi di prestiti bancari alleggerendo le necessità di mezzi propri e nel mese di luglio ha definito le regole per le stablecoins, ossia le criptovalute garantite dollari, che, secondo Washington, favorirà un forte afflusso di capitali dall’estero necessario per evitare una crisi del dollaro. Se a tutto ciò si aggiunge la corsa al rialzo delle borse, si è indotti a concludere che o siamo alla vigilia di un boom economico pluriennale di Stati Uniti ed Europa, oppure siamo alla vigilia di una nuova grande crisi finanziaria. In tal caso bisognerebbe allacciare le cinture di sicurezza (ed è quanto fanno coloro che investono nel nostro franco o nell’oro).