Il commento

Dovrà agire sotto il faro della politica e del pubblico

Il compito che attende Sergio Ermotti è arduo e richiederà tanto tempo: integrare Credit Suisse in seno a UBS non sarà un lavoro facile
Generoso Chiaradonna
29.03.2023 21:00

Il compito che attende Sergio Ermotti è arduo e richiederà tanto tempo. Integrare Credit Suisse in seno a UBS non sarà un lavoro facile. Richiamato dopo poco più di due anni alla guida di UBS, il nome di Ermotti era riecheggiato già nel fine settimana del salvataggio di Credit Suisse come possibile traghettatore delle due entità aziendali in una sola. Alla fine dell’operazione nascerà una banca che sarà l’unica svizzera di una certa taglia a livello internazionale. Qualcuno ha parlato, per il mercato svizzero, di un panorama bancario fatto da tanti nani all’ombra di un solo gigante. La vicenda Credit Suisse per come è iniziata ed è terminata ha lasciato sgomenti politici e osservatori. La stessa consigliera federale Karin Keller-Sutter il giorno dell’annuncio «dell’operazione commerciale» aveva «deplorato» che il vertice di Credit Suisse non fosse riuscito a risolvere i suoi problemi con le proprie forze. Fatto sta che Ermotti tra meno di una settimana si troverà a guidare la banca che obtorto collo dovrà rilevare il suo concorrente storico. Lo farà con il sostegno più che miliardario di Confederazione e Banca nazionale. Un aspetto che non gli faciliterà il compito visto che avrà addosso il faro puntato della politica e in generale di tutti i portatori di interesse attorno alle due banche: gli azionisti, i clienti, i dipendenti e anche i contribuenti. Come nel 2008, ma all’epoca UBS era guidata da Marcel Ospel, anche oggi in gioco ci sono molti «soldi pubblici». E lo ha ricordato giustamente lo stesso Ermotti accentando il compito, quasi da civil servant. Da chi ha accettato una sfida chiesta dal suo Paese. «Sono consapevole della responsabilità che ci attende». «Dobbiamo evitare che i contribuenti svizzeri soffrano. Sono convinto che con una forte concentrazione possiamo soddisfare le esigenze dei nostri dipendenti, degli azionisti e della società svizzera. Non vedo l’ora di affrontare questo compito».

Anche la prima esperienza alla testa di UBS è avvenuta in circostanze difficili. Si era nel 2011 ed Ermotti si trovò quasi a sorpresa a essere nominato CEO, prima a interim nel settembre di quell’anno e poi confermato in modo definitivo dal Cda nello stesso autunno. Sostituì Oswald Grübel, un osso duro del mondo bancario svizzero (ha diretto sia UBS, sia Credit Suisse) che era stato chiamato solo tre anni prima a risollevare le sorti della prima banca svizzera finita nelle secche finanziarie dei titoli subprime nordamericani. Il manager ticinese dovette gestire una fase critica dal punto di vista reputazionale in cui la banca, già indebolita dalla vicenda finanziaria, si trovò ad assorbire lo scandalo del trader londinese Adoboli che aveva causato una perdita da 2,3 miliardi di franchi. Una vicenda che fece emergere lacune nel controllo dei rischi.

In quella situazione, il Consiglio di amministrazione di UBS – all’epoca guidato dall’ex consigliere federale Kaspar Villiger - affidò a Ermotti le sorti della società, prima a interim, poi due mesi dopo con il mandato pieno. Non tutto il mondo finanziario svizzero aveva accolto positivamente quella nomina. Era arrivato in UBS come alto dirigente responsabile dell’area EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa), proveniente dall’italiana Unicredit, solo sei mesi prima. Non tutti erano convinti che avesse la stoffa per guidare la principale banca svizzera. Prima con una certa esitazione, poi in modo molto più deciso, avviò la trasformazione di UBS da banca universale con una forte presenza nell’investment banking, in uno dei principali gestori patrimoniali globali. Forte dell’esperienza in Unicredit proprio nel settore dell’investment, Ermotti riuscì a ridurre l’esposizione della banca in questo ambito e ad aumentare i mezzi propri tanto che oggi UBS è una delle banche meglio capitalizzate a livello globale.

Credit Suisse, dal canto suo, aveva superato quasi indenne la tempesta finanziaria del 2007-2008 e forse anche per questo non affrontò per tempo i rischi latenti presenti nella sua divisione dell’investment banking. Rischi che negli ultimi anni – complici dirigenti non sempre all’altezza - hanno presentato il conto ad azionisti, obbligazionisti e dipendenti, oltre che alla Confederazione che fa da prestatore di ultima istanza. Il secondo mandato di Ermotti inizia quindi con grandi aspettative che non possono essere tradite. C’è la rete di protezione pubblica, ma proprio per questo non si possono commettere errori.

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