Eurovision, chi ha vinto e chi ha perso nella settimana di Basilea?

Chi ha trionfato e chi è uscito invece sconfitto dall’Eurovision Song Contest 2025? Sarebbe semplice rispondere facendo riferimento alla graduatoria conclusiva. Ma noi non facciamo riferimento alle canzoni anche perché, al di là del gioco delle parti cui volentieri ci prestiamo in queste occasioni, è oggettivamente difficile stilare delle classifiche quando si parla di musica e di arte in generale. Le creazioni d’ingegno “inusuali” (ovvero che non prevedono un utilizzo pratico) non permettono, al netto di marchiane mancanze, valutazioni oggettive: sono belle o brutte a dipendenza dei gusti personali, dei generi specifici cui fanno riferimento e di altri aspetti che è impossibile condensare in una mera classificazione numerica. Come stabilire se un quadro del Caravaggio è meglio di uno di Pollock? Sarebbe come cercare di paragonare un arrosto a una torta: impossibile e questo sebbene in entrambi i casi si tratta di cibi. Lo stesso vale per le canzonette partecipanti all’ESC che possono piacere o meno a seconda dei gusti o di come vengono proposte sulla scena e la cui classificazione finale va presa per quello che, evitando ogni paragone artistico. Al limite si può provare a farlo sul fronte sociologico, ma questo è un altro discorso. Fatte queste premesse è tuttavia semplice delineare chi dall’intensa settimana renana è uscito vincitore e chi sconfitto.
Nel primo caso la risposta è semplice: Basilea che si è rivelata un’ospite perfetta per un evento di questa portata. Forte della sua tradizione internazionale in ambito artistico, la città ha gestito impeccabilmente l’imponente organizzazione e uno clamoroso afflusso di pubblico proveniente da ogni angolo del mondo internazionale - un’ottantina le nazionalità presenti - che si è trovato davanti un tessuto urbano strutturato in ogni settore (alberghiero, viabilità, offerta culturale e ricreativa rimodellata “ad hoc” per la manifestazione), accogliente, aperto, in grado di gestire anche le situazioni difficili (fortunatamente non molte e spesso amplificate oltre misura) con prontezza, esperienza e senza mai dover ricorrere alla coercizione ma anzi, spesso stemperando il tutto con cordialità. Pubblico che, va detto, ha contribuito all’ottima riuscita della manifestazione vivendola con lo spirito giusto, ovvero all’insegna del divertimento di un’allegra spensieratezza con la consapevolezza di assistere ad un confronto canoro e non ad una battaglia, di dover sostenere i propri beniamini senza vedere negli altri partecipanti giocoforza dei nemici.
Se la città di Basilea è l’autentico vincitore di Eurosong, il grande sconfitto è invece l’EBU, l’Unione europea di radiodiffusione, organizzatore primario dell’evento che da qualche anno però non riesce a gestire sul fronte politico (perché l’ESC è sin dalla sua nascita una manifestazione politica che si serve delle canzoni per lanciare un preciso messaggio), adottando una linea comportamentale non chiara bensì ondivaga, contraddittoria, ampiamente criticabile e criticata - le proteste svoltesi negli scorsi giorni, al di là delle chiavi di lettura di parte, erano rivolte principalmente al suo indirizzo - e, soprattutto, sprezzante nei confronti di ogni dissenso operativo, al quale tende a replicare non con il dialogo ma addirittura con toni arroganti, a tratti quasi intimidatori (vedi quanto accaduto in questi giorni con uno dei suoi soci, la tv spagnola) che hanno ulteriormente offuscato la sua sbiadita immagine. Ed è un vero peccato perché con questo comportamento al di sopra delle regole che lei stessa si è data, rischia di compromettere seriamente la credibilità di una competizione quale l’ESC che rappresenta un’occasione imperdibile per mostrare un po’ di unità e di identità di vedute pur in un contesto leggero quale quello di un concorso canoro. Ma nel quale è necessario che l’arbitro sia davvero super partes ed eviti di indossare la maglia di uno dei concorrenti.