Fu un'Epifania tanto triste

Emanuele Gagliardi
Emanuele Gagliardi
05.01.2015 06:00

di EMANUELE GAGLIARDI - L'Epifania tutte le feste si porta via. Una frase, questa, arcinota e abusata, conosciuta da grandi e piccini, che veniva (e viene) pronunciata a mo' di sentenza quasi sempre in occasione dell'ultimo giorno gioioso che conclude il corteo, in parte devoto e in parte no, che si apre il 24 dicembre con la Vigilia, prosegue a Natale, il giorno di San Silvestro e Capodanno e ci accompagna sino al 6 gennaio. Una frase che, quando eravamo bambini, facevamo fatica ad ascoltare e a digerire. Il giorno successivo, se non era sabato o domenica, si doveva tornare a scuola, lasciare i giocattoli e tutto quanto di allegro li circondava a casa. Soprattutto, entro il 6 gennaio, occorreva avere terminato i compiti delle vacanze e rientrare nei banchi svegli e preparati.
La notte che precedeva l'Epifania era un'altra veglia, sino a quando il sonno non aveva il sopravvento. C'era chi aspettava i Re magi e chi la Befana. Tutti e quattro portavano doni. Quando lasciavano nei cestini o nelle calze del carbone, la maggior parte della volte si trattava di carbone dolce. Una sorta di avvertimento per i discoli. Conosciamo qualcuno, comunque, che infilando una mattina la mano nella lunga calza appesa al camino, la ritirò nera: dentro vi era una mattonella di carbone, quello vero. Solo quella. Quell'amico trascorse la peggiore Epifania della sua vita. Ce lo racconta ancora adesso che ha superato i 60 anni.
Quel giorno lo passò facendo la spola tra la sua camera, dove si ritirava a piangere, e la grande cucina: in attesa. Soltanto alla sera, quando aveva perso ormai ogni speranza, si avvicinò, a capo chino, alla calza che aveva lasciato comunque appesa e la vide rigonfia. Introdusse di nuovo la mano, un po' tremolante e la ritirò stringendo un piccolo robot in ferro che camminava e sputava fuoco dalla bocca. Quel regalo  (messo in extremis) viene ancora oggi conservato gelosamente. Quando lo mostra a figli e nipoti racconta sempre di quell'Epifania. Suscitando risate tra i figli che ascoltano una storia (a debita distanza) che conoscono a memoria e sentimenti che sfiorano l'angoscia nei nipoti che non capiscono i sorrisetti dei genitori.
Il 6 gennaio: c'è chi riceve i doni dai Re magi, che, improvvisamente, nel corso della notte si sono anche spostati, seguiti dai servitori e dai loro cammelli nel presepe, raggiungendo la capanna con Gesù Bambino, e chi dalla Befana. Una festa, quest'ultima, che - si legge - potrebbe affondare le sue radici nell'antica Roma; per altri, richiamerebbe figure della mitologia germanica. Dei Re magi si parla nei Vangeli dell'infanzia. La Befana è una festa che, celebrata in particolare in Italia, è arrivata anche qui al seguito dei lavoratori di quel Paese giunti in Svizzera. Domani, martedì 6 gennaio, in varie località del cantone si svolgeranno feste in onore dei tre saggi e della vecchina con la scopa. I Re magi si muoveranno in corteo, la befana sarà circondata dai bambini speranzosi di ricevere ancora un dono. La befana si muoverà sugli sci anche su qualche pista da neve, raggiungendo coloro che si godono la settimana bianca. Ogni paese segue le proprie tradizioni: ci sono centri in cui i bambini, prima dell'Epifania, si muovono festanti per le strade chiamando i Re magi. Non pochi coloro che faranno a gara nel gustare i tradizionali dolci dei Re magi per trovare la statuina che permetterà loro di essere re per un giorno e mettersi la corona d'oro sul capo.
Eravamo, qualche giorno fa, in fila in un ufficio postale: davanti a noi c'era una mamma con un figlio, per spedire un pacco per l'iniziativa: «Natale due volte». La madre, orgogliosa, parlando col figlioletto, gli diceva (a voce alta): «Bravo che hai voluto spedire, tra l'altro, uno dei tanti regali ricevuti a chi non ne ha». Il bambino, che pareva non molto convinto, non rispondeva. Ci ha guardato per un attimo e poi, al nostro sorriso, ha abbassato subito lo sguardo. Per un attimo abbiamo temuto che scoppiasse a piangere. Il pacco è tuttavia partito.
Nella nostra casa arrivavano i Re magi, in quella dei nostri cugini, a pochi metri di distanza, la Befana. Alla sera si preparava il cestino con il fieno e una scodella con l'acqua. Dolcetti per i tre saggi. Si lasciava una letterina di buoni intenti con qualche soldo: la porta del balcone era socchiusa. La mattina, il cestino conteneva solo i doni: il resto era sparito e la scodella era vuota. La porta era spalancata. Sui tetti vicini, se c'era la neve, vedevamo le orme dei cammelli: erano stati i fratelli a fabbricarle, tirando palle di neve sulle tegole. Gli stessi fratelli che intascavano i soldi da noi messi nel cestino per i Re magi. La befana portava i regali anche ad un amico che abitava nell'appartamento sottostante il nostro. Un'Epifania l'amico chiese ad un nostro fratello: «Chi è la befana?». Lui, serafico, rispose: «La nonna dei Re magi». L'altro, raggiante, inforcò le scale e sparì a casa per dirlo ai genitori. Tornò subito, scuro in volto. E borbottò: «Non è vero». E per quel giorno non lo vedemmo più.

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