Gianni Clerici e il passo dello scrittore

Un giorno dopo la storica impresa di Rafael Nadal a Parigi (quattordicesimo successo al Roland Garros e conquista del suo ventiduesimo titolo del Grande Slam), è scomparso Gianni Clerici. Per noi, appassionati di questo sport, era lo Scriba. Il portatore di cronache, l’enciclopedia del tennis. Vergava pezzi con un taglio diverso rispetto alla maggioranza dei suoi colleghi. Di tutti noi. I suoi non erano i classici articoli sportivi. Aveva il passo dello scrittore con un gusto particolare per l’ironia, tanto da ricevere riconoscimenti giornalistici e accademici. Nel 2006 fu ammesso nella Hall of Fame del tennis a Newport, secondo italiano dopo Nicola Pietrangeli. Era un grande amico del Ticino e del Corriere del Ticino. Ancora conserviamo con orgoglio diversi suoi contributi. Specialmente quelli su Roger Federer per il quale aveva una stima particolarissima. Era stato Gianni a coniare per il basilese l’espressione «Mozart del tennis». Però non aveva mai voluto considerarlo il più grande di sempre. «Ogni epoca ha i suoi campioni – diceva – Roger è sicuramente quello che ha marcato l’ultimo ventennio». Lo aveva sottolineato diversi anni fa, quando il basilese ancora si alternava ai vertici con Rafael Nadal e Novak Djokovic. Chissà cosa avrebbe scritto Gianni degli ultimi successi di Rafa e delle sue storiche imprese. Colpito da un ictus, Clerici aveva smesso di scrivere. Ma, sicuramente, non di seguire il suo beneamato sport. Un comacino schietto, un uomo ricco di humour, con l’ironia tipica degli inglesi. Così vogliamo ricordare il Maestro, a cui il TC Lido Lugano – erano gli anni del Challenger cittadino – aveva offerto il titolo di socio onorario. Era cresciuto come giocatore in anni in cui l’Italia aveva campioni di spicco. E, pur avendo l’agonismo di un Prima Categoria, non aveva forse il fisico adatto per diventare un campione. Non se ne preoccupò. Scelse un’altra via, una strada parallela deliziandoci con i suoi pezzi. Ciò non gli impedì di partecipare a grandi appuntamenti, Wimbledon compreso. «Quello è il giardino di Roger, ma un po’ anche il mio», amava dire con una punta di orgoglio. In effetti, era lì e in altri grandi tornei, che aveva conosciuto i maggiori interpreti di questo mondo. Il suo libro più noto, Cinquecento anni di tennis, è stato ripubblicato a più riprese ed è diventato una sorta di Bibbia per più generazioni. Amava gli animali, Gianni. In modo particolare i cani, tanto da chiamarne uno Boris. Come Becker, che adorava in campo, ma un po’ meno fuori. Si è spento a Bellagio, sul Lago di Como. Il 24 luglio avrebbe compiuto 92 anni.