Il commento

Gli inconvenienti dell’inflazione

Parecchi commentatori pongono la domanda se sia opportuno allentare la politica monetaria e quindi rinunciare ad ulteriori aumenti dei tassi di interesse tollerando però una certa inflazione
Carlo Rezzonico
Carlo Rezzonico
16.05.2023 06:00

Parecchi commentatori pongono la domanda se sia opportuno allentare la politica monetaria e quindi rinunciare ad ulteriori aumenti dei tassi di interesse tollerando però una certa inflazione. Si tratta insomma di scegliere tra il danno causato dal proseguimento delle restrizioni e quello derivante dallo svilimento del denaro in caso di attenuazione del rigore.

Bisogna considerare che, dopo un periodo assai lungo di lassismo e politica monetaria superaccomodante, la correzione degli squilibri causati è possibile solo pagando un costo assai alto. Poiché i tassi di interesse nulli o negativi hanno spinto banche e altri operatori finanziari ad effettuare operazioni sconsiderate la contrazione dell’attività produttiva potrebbe accompagnarsi a una crisi finanziaria. Il proseguimento del rigore monetario accelera il ritorno alla normalità e solo apparentemente è la causa delle difficoltà da superare e dei sacrifici da sopportare. Ora mettiamo sull’altro piatto della bilancia gli inconvenienti dell’inflazione.

Innanzitutto è doveroso tener presente che il rincaro crea ingiustizia favorendo i debitori e danneggiando i creditori; questi sono spesso risparmiatori medi e piccoli (chi dispone di grandi mezzi solitamente trova altre vie per effettuare collocamenti). Il 2% di inflazione all’anno raddoppia i prezzi in 35 anni, il 3% in 23, il 4% in 18, il 5% in 14 e il 6% in 12. Un giovane che mette da parte una certa somma nell’idea di goderne in vecchiaia va incontro a una delusione. Si pensi al volume di risparmio nel mondo e ci si renderà conto che il depauperamento è dell’ordine di miliardi e miliardi. Si può ammettere che il peso di un provvedimento preso a favore di un presunto interesse generale (lo stimolo alla congiuntura) ricada in gran parte sulle spalle di una sola categoria di persone (i risparmiatori)? All’inconveniente dell’inflazione si aggiungono quelli fiscali. Non ha senso che gli interessi (quando ci sono) vengano considerati interamente reddito poichè la parte corrispondente all’inflazione dovrebbe essere esonerata. Inoltre l’imposta sulla sostanza diventa espropriante. La politica solitamente presta ascolto a chi urla e scende in piazza ma ignora la gente semplice e tranquilla. Non si fa onore e promuove una degenerazione dello Stato. A parte la questione etica, anche l’economia soffre fortemente a causa dell’inflazione, specialmente nel periodo lungo. Nascono distorsioni perché alcune aziende riescono ad adattare i prezzi e altre no.

Il rincaro tende ad accelerare in quanto con il tempo la gente cerca di proteggersi creando un patrimonio costituito da beni reali ed evita la moneta mentre gli imprenditori anticipano il fenomeno acquistando sostanza fissa prima ancora di averne realmente bisogno. Vengono ampliati i cicli economici, i quali causano sempre sprechi di risorse: nella fase espansiva si investe più di quanto sarebbe opportuno e nella fase recessiva meno. Che conclusione dobbiamo trarre? Nella situazione attuale e in vista di quella futura una maggior larghezza nel comportamento delle banche centrali potrebbe portare un certo sollievo, però probabilmente illusorio e in ogni caso solo temporaneo. Viceversa gli inconvenienti dell’inflazione si farebbero sentire molto a lungo. Non si dimentichi poi, se un pizzico di senso della giustizia sopravvive nei nostri tempi, l’argomento etico di cui ho parlato sopra. Tutto sommato, a mio parere, il processo disinflazionistico messo finalmente in atto dalle autorità monetarie non deve essere interrotto adesso, ossia a metà strada.

Per dare un certo respiro alle aziende nei tempi difficili che si profilano si potrebbe ricorrere ad altri mezzi. Ne indico alcuni: invertire la tendenza a creare sempre più leggi, ordinanze e regolamenti, che complicano la vita e costano in termini burocratici alle ditte e all’ente pubblico, esaminare in modo approfondito le rimunerazioni e i ritmi di lavoro nell’apparato statale, trarne le conseguenze con adeguamenti nel personale, ridurre le imposte, eliminare interferenze nella libertà degli imprenditori, ad esempio con le quote femminili (non sarei contrario a un governo o a consigli di amministrazione comprendenti una maggioranza di donne o addirittura solo donne purchè queste siano state scelte esclusivamente in base a criteri qualitativi e non per ottemperare a regole imposte dall’alto).

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