Il commento

I giochi di prestigio dell'economia statunitense

Lo stato di grazia dell’economia americana è solo apparente: nell’anno appena concluso la crescita del PIL statunitense si aggirerà attorno al 2,5%, mentre sempre nel 2023 il deficit pubblico americano salirà al 7,4%
Alfonso Tuor
10.01.2024 06:00

Donald Trump ritornerà alla Casa Bianca? Questa sarà la domanda che dominerà il vero e proprio scontro tra il candidato repubblicano e il presidente uscente Joe Biden che comincerà la settimana prossima con i caucus nello Iowa e che si concluderà all’inizio di novembre con la scelta del prossimo presidente degli Stati Uniti. Saranno dieci mesi di passione per i cittadini americani e anche per gran parte delle classi dirigenti europee preoccupate per un’eventuale elezione di Donald Trump. Infatti i numerosi sondaggi di opinione indicano che Trump vincerà con ampio margine le primarie repubblicane e (ostacoli giudiziari permettendo) si presenterà al confronto finale con Biden con un vantaggio significativo. Questa previsione è sorprendente, poiché gli elettori americani tradizionalmente votano sull’andamento dell’economia e Joe Biden può apparentemente vantare notevoli successi: l’economia cresce, l’inflazione diminuisce, Wall Street è vicina ai massimi storici e la disoccupazione è a livelli minimi. Tutto ciò non sembra bastare e la spiegazione che va per la maggiore al di là dell’Atlantico punta il dito sulla crescita delle diseguaglianze. Infatti nuovi posti di lavoro si concentrano nel settore dei servizi (fattorini, badanti, camerieri, ecc.) dove i salari (anche il continuo afflusso di immigrati illegali) non salgono e non bastano per condurre una vita dignitosa, mentre continuano ad esplodere i redditi dei ceti più benestanti. Questo fenomeno è talmente diffuso che i sondaggi indicano che Trump sfonda anche tra gli afroamericani e gli ispanici tradizionali bastioni dei democratici. Come succede anche in Europa, la destra raccoglie sempre maggiori consensi tra i ceti che storicamente votavano a sinistra e quest’ultima diventa la rappresentante degli intellettuali, degli occupati in posti sicuri meno esposti ai rischi della congiuntura e di parte dei ceti più agiati.

A spiegare questi dati non sono solo i fenomeni sociologici, vi sono anche motivi economici. Lo stato di grazia dell’economia americana è solo apparente: nell’anno appena concluso la crescita del PIL statunitense si aggirerà attorno al 2,5%, mentre sempre nel 2023 il deficit pubblico americano salirà al 7,4%. Dunque non si nota l’effetto moltiplicatore dell’aumento della spesa pubblica, voluto chiaramente per scopi elettorali. Il risultato è che il debito pubblico americano supera il 120% del PIL e ovviamente cominciano a crescere le preoccupazioni sulla capacità di assorbire l’enorme quantità di obbligazioni pubbliche che verranno emesse per finanziarlo. Infatti, secondo Apollo Global Management, quest’anno il Tesoro americano cercherà di piazzare sui mercati 4mila miliardi di obbligazioni statali che si aggiungono ai 3mila miliardi piazzati nel 2023. Le cifre sono enormi e preoccupano a tal punto che dai verbali del Comitato direttivo della banca centrale, reso pubblico nei giorni scorsi, è stato chiesto che la Federal Reserve riprenda ad acquistare le obbligazioni pubbliche e ciò nonostante l’anno scorso la Fed abbia creato uno specifico sportello che consente alle banche di depositare questi titoli in cambio di liquidità, nonostante il Tesoro americano abbia continuato l’anno scorso ad indebitarsi con la Fed e nonostante la banca centrale statunitense detenga ancora 7,2 miliardi di titoli pubblici acquistati a partire dall’inizio della pandemia. Insomma, l’economia a stelle strisce continua ad essere inondata da una enorme quantità di liquidità, che spiegano la forza dei mercati azionari e la forte ripresa di quello immobiliare appena si è diffusa l’aspettativa dei tassi di interesse. È bene ricordare che le paure di Washington sono accresciute dal probabile ridimensionamento degli acquisti di obbligazioni americane da parte degli Stati stranieri, che finora hanno alleviato le tensioni sul mercato dei capitali statunitense. Infatti le petromonarchie impegnate in faraonici piani di sviluppo disporranno di meno liquidità da investire negli Stati Uniti e pure la Cina, già in notevole difficoltà economiche, farà altrettanto, considerate anche le crescenti tensioni tra Pechino e Washington. In conclusione, l’economia americana sta bene anche grazie a questi giochi di prestigio e per Joe Biden è fondamentale che essi non falliscano prima delle elezioni di inizio novembre.