I nodi al pettine

Fuori ai quarti. Per il terzo Mondiale di fila. Obiettivo fallito? Sì. Spedizione fallimentare? Ni. Resta una fase a gironi positiva: sette vittorie, primo posto assoluto, miglior attacco, special team eccellenti. Resta il 6-3 rifilato al Canada, in un sabato di festa, con oltre 5.000 tifosi svizzeri. Restano i progressi sul piano del gioco offensivo rispetto alle tristi Olimpiadi di Pechino. Il tutto, però, in un girone ammorbidito dall’esclusione della Russia. All’esame dei quarti, il bel gioco è sparito sotto il peso dalla pressione e dell’organizzazione tattica avversaria. Alcuni difetti già emersi nelle prime sette partite, stavolta ci sono costati cari. I nodi sono venuti al pettine. Nella fase preliminare la Svizzera è stata imbattibile, ma imperfetta. Ha mostrato un hockey propositivo, ma si è complicata la vita contro squadre di basso profilo. Se concedi il primo tempo alla Francia, te la cavi. Con gli USA è diverso. Spesso gli elvetici hanno accusato delle entrate in materia problematiche o dei cali di concentrazione. Hanno commesso errori individuali e incassato penalità evitabili. In qualche modo se la sono sempre cavata. Grazie ai portieri, al carattere, al box-play, alla classe di qualche elemento. Ma anche grazie alla fortuna e all’imperizia degli avversari. Ieri il Mondiale ci ha presentato il conto.

Gli americani hanno giocato senza pressione e in modo semplice. I rossocrociati, invece, la pressione l’hanno subita. Nel primo tempo sembravano paralizzati. È mancata l’energia, la leggerezza. Dalla dolorosa eliminazione del 2019, quando la semifinale sfumò a 4 decimi dalla sirena, questa squadra ha un problema con le gare ad eliminazione. Un blocco mentale. Sentirsi invincibili non è bastato a sciogliersi. Il Mondiale è spietato. Nei quarti saltano sempre delle buone squadre. E questa Svizzera lo è. Ma per diventare i grandi serve un’altra testa nei momenti importanti.