Fogli al vento

Icone americane

Quella volta, 60 anni fa, che Marilyn Monroe cantò «Happy Birthday, Mister President» a JFK
Michele Fazioli
Michele Fazioli
07.08.2022 21:27

Cronache di 60 anni fa. Nel 1962 il mondo sfiora un conflitto nucleare: guerra fredda, i russi stanno installando nella Cuba di Fidel Castro dei missili a testata nucleare, a pochi chilometri dalle coste statunitensi. Il giovane presidente americano John Fitzgerald Kennedy lancia la sfida e ordina il blocco navale per fermare la flotta russa e vince il duello con Krusciov in faccia al mondo intero. Nessuno poteva allora immaginare che Kennedy sarebbe stato assassinato pochi mesi dopo. JFK era il giovane presidente della Nuova Frontiera, che con il suo ciuffo ribelle, gli occhi azzurri e la faccia giovane, davanti al muro sinistro di Berlino aveva gridato: «Ich bin ein Berliner!». Incarnava una speranza. Si può discutere sui contenuti reali della sua breve presidenza. Aveva vinto quella sfida rischiosa con l’URSS ma prima aveva fallito una grottesca invasione di Cuba e aveva cominciato a impegolarsi in Vietnam. Se avesse vissuto più a lungo avrebbe forse fatto grandi cose e commesso altri errori. Chi non muore giovane fa i conti con la realtà. Chi muore giovane deve render conto soltanto della propria giovinezza, non di tutti i susseguenti rischi e stanchezze. Può darsi che la luna di miele di Kennedy con l’America, se non fosse stato assassinato, sarebbe finita presto. Oppure che il suo carisma avrebbe segnato invece la storia. Non sappiamo chi sarebbe stato John Kennedy se avesse potuto diventare vecchio. Forse non avrebbe mai scordato, da anziano, quel suo 45. compleanno, 60 anni fa, il 19 maggio del 1962, quando a cantargli «Happy Birthday, Mister President» era stata Marilyn Monroe. JFK non fu né eroe né santo. Fece in tempo a far sognare, non fece in tempo a deludere. Rimase incorniciato dentro il quadro fisso dell’immaginario collettivo nutrito da istantanee famose: al lavoro nello Studio Ovale con il figlioletto John John che gioca sul pavimento, a Berlino davanti al mare di folla lanciando il grido di libertà, la famiglia sorridente con la bella moglie franco-americana Jacqueline Bouvier e i due bimbi, l’iconografia kennediana della presidenza perfetta e della famiglia felice. La presidenza non fu perfetta ma fu certamente significativa come piglio e novità. La famiglia fu forse felice, ma a sprazzi (soltanto dopo la sua morte si ebbe notizia delle vivaci pulsioni kennediane per le bellezze femminili). La tragedia di Dallas cristallizza Kennedy: il 22 settembre del 1963 due spari da un tetto segnano la storia e da quel momento John Fitzgerald Kennedy diventa un’icona. Chi muore giovane è caro agli dei, dicevano gli antichi. E resta caro anche alla memoria collettiva. L’immagine epica di JFK si rafforza poi per tutta una serie di eventi luttuosi, dall’assassinio di suo fratello Bob lanciato verso la presidenza fino alla morte in un incidente aereo del promettente figlio John jr, che a tre anni aveva fatto il saluto militare alla bara del papà.

In quanto a quel sensuale «Happy Birthday, Mister President» cantato da Marilyn Monroe fasciata di strass luccicanti (ma sembrava nuda) al compleanno di Kennedy (si sussurrò che fra i due ci fosse del tenero, chissà), pochi mesi dopo, 60 anni fa come oggi, l’attrice, all’apice del successo mondiale come attrice e come bellezza ammiccante, chiara e carnosa, viene trovata morta, nuda sul suo letto, uccisa da una dose di barbiturici. Aveva avuto un’infanzia infelice. Dopo un primo matrimonio spiccio e breve, sfondò in modo insperato nel mondo del cinema e sposò in successione il leggendario giocatore di baseball Joe Di Maggio e il celebre drammaturgo Arthur Miller. Andati a male anche quelli. Forse Marilyn era rimasta intrappolata nella sua straripante immagine di richiamo seduttivo ed erotico e certamente il luogo comune di donna bellissima e basta fu profondamente ingiusto, come attesteranno i suoi diari pieni di pensieri profondi e di curiosità intellettuali. Fatto sta che anche Marilyn Monroe diventò subito un’icona inscalfibile. Sarebbe possibile che Marilyn Monroe avrebbe potuto, senza quel suicidio, vivere ancora oggi, a 96 anni: una vecchia signora piena di ricordi e di rughe. Invece vive per sempre solo nelle immagini che furono, come quando in A qualcuno piace caldo canta languida sul treno o quando frena con le mani lo svolazzo della gonna bianca sollevata dal vapore in Quando la moglie è in vacanza. Il mito di Marilyn si infiammò di misteri vari, dai suoi presunti amori fino ai dubbi sul suo suicidio. Ci penserà poi Andy Warhol a creare quei ritratti che trasformeranno l’icona di Hollywood in una icona dell’arte del Novecento. JFK e Marilyn, due personaggi «cari agli dei» e morti giovani, rimasti per sempre uguali alla loro giovinezza. In vita si sfiorarono. E forse non soltanto in occasione di quell’augurio di buon compleanno.