Il disastro delle finanze cantonali

di FABIO PONTIGGIA - Sentir parlare spesso di conti pubblici può dare fastidio, ma se i conti pubblici non tornano i fastidi rischiano di essere tutt'altro che grassi. E i conti del nostro Cantone non tornano proprio. Questa è la défaillance più pesante del Governo e del Parlamento nella legislatura che presto si chiuderà. Quanto successo nella maggior parte degli Stati europei in questi ultimi anni non sembra avere insegnato nulla.
La deriva è preoccupante e grave per una ragione di fondo: i conti del Cantone sono precipitati nelle cifre rosse in anni in cui l'economia ticinese è cresciuta ad un ritmo più che soddisfacente e durante i quali il costo dell'indebitamento (quindi gli interessi passivi pagati sui crediti ricevuti dalle banche) è sceso a livelli molto bassi. Dopo la breve recessione del 2009, che aveva fatto seguito alla crisi della finanza internazionale e in particolare delle banche, il Ticino ha infatti prodotto ricchezza, creato lavoro, portato nelle casse pubbliche importi sempre più consistenti con imposte e tasse. Ma nonostante questa crescita, si sono accumulati disavanzi d'esercizio sempre più profondi e il debito pubblico ha raggiunto un volume che mai in passato era stato avvicinato: alla fine dell'anno scorso 1,7 miliardi di franchi (che diventeranno molto probabilmente 1,9 quando si chiuderanno i conti del 2014).
La tendenza in atto è manifestamente insostenibile e rischia di compromettere del tutto la capacità d'azione e di annullare gli spazi di manovra che sarebbero necessari per affrontare i problemi con cui il Ticino è confrontato. È buona regola della finanza pubblica che quando l'economia cresce lo Stato chiuda i conti in attivo e riduca l'indebitamento, in modo da assorbire senza eccessivi contraccolpi i disavanzi che inevitabilmente si aprono nei periodi di stagnazione e ancor più in quelli di recessione economica. In questi anni tale regola d'oro è stata disattesa, a dispetto dei reiterati campanelli d'allarme e delle intenzioni proclamate anche con grande enfasi (soprattutto dal Parlamento).
In soli tre anni (2011, 2012 e 2013) le uscite del Cantone sono aumentate mediamente di 122 milioni di franchi all'anno, una vera e propria esplosione. È la stessa tendenza che aveva già causato problemi molto seri tra il 2001 e il 2004 (quando però vi fu una breve stagnazione-recessione) e che aveva poi costretto Governo e Parlamento ad una faticosa operazione di rientro, completata nel 2007/2008 con il ritorno al pareggio. Si stenta dunque a fare tesoro degli errori del passato. Eppure, come detto, i gettiti fiscali sono cresciuti nell'attuale legislatura: quello dato dalle imposte pagate dalle persone fisiche è passato da 820 milioni di franchi nel 2010 a 862 nel 2013 (e per quest'anno è confermato a ben 894 milioni); quello delle persone giuridiche è cresciuto meno ma è comunque in tendenza positiva (dai 312 milioni di franchi del 2010 ai 321 dell'anno scorso, mentre per quest'anno la stima intermedia del primo quadrimestre lo dà a 334 milioni); il gettito dell'imposta alla fonte si è letteralmente impennato (da 95 a 128 milioni di franchi tra il 2010 e il 2013); infine l'effervescenza del mercato immobiliare ha mantenuto il gettito dell'imposta sugli utili e della tassa d'iscrizione a registro fondiario sopra i 150 milioni.
Tutto ciò non è stato sufficiente non solo per ridurre il debito pubblico, ma neanche per chiudere in pareggio almeno il conto di gestione corrente. I quattro partiti di governo (PLR, Lega, PPD e PS) e i loro rappresentanti nell'Esecutivo e nel Legislativo hanno tutti pesantissime responsabilità. Dall'aprile 2015 il Dipartimento delle finanze e dell'economia avrà un nuovo ministro: compito gravoso il suo.