Il commento

Il gas che dà forza all’Italia

La questione dei rifornimenti di gas e di petrolio sta modificando il peso che l’Italia ha nell’Unione Europea
Robi Ronza
Robi Ronza
18.05.2022 06:00

La questione dei rifornimenti di gas e di petrolio sta modificando il peso che l’Italia ha nell’Unione Europea; e lo stesso vale proporzionalmente pure per la Grecia. Nel momento infatti in cui si scopre la necessità di non dipendere troppo dalle importazioni dalla Russia le fonti alternative sono innanzitutto l’Algeria e la Libia con cui l’Italia già adesso è collegata da gasdotti, e il Vicino Oriente che si sta studiando di collegare all’Europa con il nuovo gasdotto Eastmed: 12 miliardi di metri cubi di portata, 900 chilometri di nuove tubature sul fondo del mare e in territorio greco fino a raggiungere la Puglia. Un primo accordo al riguardo è stato siglato la settimana scorso tra Grecia, Cipro e Israele. La prospettiva è molto interessante anche perché Cipro è uno Stato membro dell’Unione Europea ed è in buoni rapporti sia con Israele che con i Paesi arabi. È perciò un crocevia possibile di flussi di gas verso l’Europa provenienti sia dall’uno che dagli altri.

Già alcuni anni fa l’ENI, il grande gruppo energetico italiano, aveva lanciato l’idea di nuovi gasdotti che collegassero Zhor, il gigantesco giacimento di gas che ha in concessione al largo del delta del Nilo, con il suo già esistente Green Stream, il gasdotto che dal 2004 collega la Libia alla Sicilia, e poi con Cipro e la Grecia fino a creare un grande sistema di accesso da Sudest di gas verso l’Unione Europea. Fino all’attacco della Russia all’Ucraina questo progetto doveva fare i conti con la larvata opposizione della Germania, dove c’erano forti interessi schierati a favore di ingenti acquisti di gas russo. Adesso ovviamente questa opposizione è venuta meno.

Dal momento tuttavia che questo progetto non può che richiedere qualche anno, i gasdotti che la collegano con il Nordafrica stanno già rendendo l’Italia più importante di prima agli occhi dei nordeuropei. Innanzitutto il gasdotto italo-algerino Transmed – grazie al quale nel 2021 l’Algeria è stata il secondo fornitore di gas dell’Italia, 31 per centro contro il 40 per cento della Russia – la cui capacità di trasporto non era finora pienamente utilizzata. La scorsa settimana se ne è avuta una riprova quando, per la prima volta dall’inizio del conflitto, l’Ucraina ha comunicato alla russa Gazprom la chiusura di due dei tre di punti di accesso sul proprio territorio di gas diretto nell’Unione Europea adducendo il paradossale motivo dell’occupazione russa, s causa della quale non poteva più garantirne il corretto funzionamento.

L’afflusso di gas russo nell’Unione è sceso del 35 per cento, ma ha potuto venire compensato da maggiori acquisti di gas algerino e anche dalle forniture di gas naturale liquefatto, GNL, dalla Norvegia e da altri Paesi terzi. Così il prezzo del gas è diminuito rispetto a quello che aveva raggiunto alla notizia della decisione ucraina e i depositi europei hanno continuato ad essere riforniti in vista dell’inverno 2022-2023. Beninteso, come soluzione di lungo periodo più del GNL conta la fornitura diretta di gas nel suo stato naturale. Il GNL infatti è ovviamente caro poiché implica la liquefazione alla partenza e la rigassificazione all’arrivo con impianti che non si possono improvvisare, oltre alla disponibilità di navi specificamente attrezzate per il suo trasporto.

Si aggiunga poi che l’Italia è un grande produttore di tubi, di valvole, di impianti di compressione e decompressione di gas, e con l’italiana SAIPEM è uno dei più grandi costruttori del mondo di oleodotti e di gasdotti. Perciò la sua economia non può che trarre vantaggio dalla costruzione e dall’adeguamento di impianti del genere. Siccome l’Algeria (quasi 44 milioni di abitanti) più che di denaro ha bisogno di investimenti, in primo luogo per ridurre la sua altissima disoccupazione e sottoccupazione giovanile, non è detto che da tutto questo non derivi insomma il buono di un suo sviluppo che potrebbe poi estendersi al resto del Nordafrica e da cui il Sudeuropa potrebbe essere un partner primario. Questo pur senza dimenticare che, una volta finita l’attuale guerra in Ucraina, l’Europa dovrà pure ricostruire dei positivi rapporti con la Russia.

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