Il maestro Spadolini

Cento anni or sono, il 21 Giugno, nasceva a Firenze Giovanni Spadolini. Laureato in Giurisprudenza, storico, cattedratico, politico e autore di decine di libri, è una delle figure più rilevanti della cultura italiana del Novecento, creatore del Ministero dei beni culturali e presidente del Senato. Ammirava molto la Confederazione, citandola spesso come esempio di alta civiltà politica e sociale. Ebbe un rapporto importante con il Ticino, dove fu spesso in visita per eventi di rilievo. Ne ammirava, elogiandolo, lo spirito di intesa e concordia nazionale che indicava come luce di ragionevolezza sociopolitica retta dal dialogo e dal confronto fra etnie, ideologie e forme religiose. Come il suo antico concittadino Niccolò Machiavelli, loro di una città litigiosa ma concorde, riteneva fondamentale la coesione come difesa e sviluppo nazionale. Machiavelli definiva gli svizzeri «armatissimi e liberissimi» e Spadolini vedeva nella Confederazione un modello pedagogico per l’Europa, nella quale guerre e contrasti erano ricorrenti. Fondamentali per lui erano la necessità e l’attuazione pacifica e razionale del dialogo e del confronto, come indicato dallo svizzero-francese-ligure Giovan Pietro Vieusseux, che nel 1866 fece nascere a Firenze l’Antologia, che ebbe in Spadolini un seguace e continuatore dello spirito di quella che fu la più antica e libera rivista europea. Antologia significa proprio dialogo e confronto e dalla sua prima cattedra fiorentina Spadolini la diffuse con rigore come Nuova Antologia, per la quale fu spesso a Lugano per conferenze ed eventi culturali. Fu significativa la sua presenza nel giugno del 1993 ai festeggiamenti per il centenario del Corriere del Ticino, che fra i cinquecento invitati raccolsero le più alte cariche politiche e istituzionali del Paese, come Giuseppe Buffi, il Vescovo Eugenio Corecco e il Consigliere Federale Flavio Cotti che sottolineò la vicinanza di Spadolini al Corriere, diretto allora da Sergio Caratti. Nel 1988 a Lugano, in occasione della consegna a Spadolini del Premio della Fondazione del Centenario della Banca della Svizzera Italiana, Franco Masoni, in quel momento presidente del Consiglio degli Stati, nel suo discorso ufficiale sottolineò le qualità e i valori non comuni dell’ospite, che per la presidenza del Senato aveva raccolto quasi l’unanimità dei voti. Ciò che non avvenne per l’elezione alla presidenza della Repubblica, dopo le dimissioni a sorpresa di Francesco Cossiga annunciate alla RSI in anteprima e in diretta, quando ci convocò istituzionalmente e d’urgenza a Roma, in uno studio della RAI, dove nello stupore nazionale nell’intervista disse, con la sua cadenza sarda, che aveva scelto noi perché «siete libberi e libberali indippendenti». Fece gli auguri a Spadolini che due ore dopo per statuto diventava così capo di Stato provvisorio, ma giorni dopo non fu eletto a quel ruolo e Cossiga tempo dopo sottolineò che le dimissioni le aveva date prima della scadenza del suo mandato proprio per favorirlo. Vinse invece Scalfaro. Spadolini aveva diretto giornali, fra i quali Il Resto del Carlino e poi il Corriere della Sera, sul quale con ironie grottesche Forattini lo avrebbe caricaturato spesso pur restando suo amico. Riteneva che la laicità è un dovere civico per la convivenza, sempre nel rispetto dell’altro fronte umano della religiosità ma senza fanatismi e preconcetti. La libertà di fede è una delle libertà da rispettare con il dovere comunque anche dell’ascolto, nel rispetto dell’uguaglianza davanti allo Stato. Cosa rimane di lui? Una sterminata biografia, un disegno morale di tipo elvetico per la politica, un esempio di rigore civico, una ampia lezione di alta cultura - comprensibile e chiara - e un esempio di grande attivismo. Lo ricordo quando fra le colonne di palazzo Civico a Lugano parlava con Sergio Grandini. Poco dopo arriva da me quello che sarà l’erede del «Professore». Mi porta da loro. Concede l’unica intervista alla prima edizione del Premio Nuova Antologia, che sostenuto dal Consiglio di Stato, dalla Città e da Campione d’Italia divenne, allora, uno dei segni distintivi del Ticino. Tre anni prima, al Vittoriale, la casa di D’Annunzio, avevo avuto con lui la prima intervista. Sul lungolago, a tarda notte, la seconda fu memorabile per quanto disse: «L’intellettuale deve cercare la verità, il politico si deve impegnare nell’azione». Tempo dopo nacque a Lugano il Circolo Nuova Antologia, che continua la sua avventura culturale con i convegni annuali.