Pensieri dal battellino

Il momento è topico

Alla fine cosa resta di questa campagna elettorale al di là del record di candidature, alcune indubitabilmente valide, e di certe scontate tiritere che ChatGPT avrebbe prodotto anche meglio?
Bruno Costantini
01.04.2023 06:00

Per questa fine settimana avevo messo in conto di fare viaggi straordinari con il battellino verso le diverse località del golfo per rifornire di Barbera fatto col mulo le varie combriccole che solitamente si ritrovano in grotti e cantine per attendere i risultati elettorali, mangiando e bevendo. Invece, con grande disappunto di Asia che già si era preparata per delle dirette social dalle tavole imbandite sperando in qualche sbroccata con effetto virale nella Rete, il momento topico della vita democratica pare eccitare pochi e quei pochi vanno di gazzosa e non di Barbera. La mia amica microinfluencer del lago dice che è la degna conclusione di una campagna da peracottari. Ahi ahi ahi, quale disdicevole qualunquismo che fa germogliare l’astensionismo (e le schede senza intestazione di partito).

Per fortuna negli scorsi giorni è giunto il vibrante appello dei partiti che sono nel Municipio di Lugano (PLR, Lega, Il Centro, PS e UDC) ad andare a votare perché è un diritto-dovere e «soprattutto un gesto di responsabilità nei confronti del nostro Paese». Cari partiti, fate bene a ricordare i fondamenti della civica, ma vi siete mai chiesti qual è la vostra parte di responsabilità se la democrazia rappresentativa è in crisi? Dai, fatelo una volta, sennò si rischia di scadere in un inutile moralismo retorico che non ha maggiore credibilità dell’atteggiamento non particolarmente intelligente di chi, all’opposto, si astiene perché «tanto fanno ciò che vogliono».

Alla fine cosa resta di questa campagna elettorale al di là del record di candidature, alcune indubitabilmente valide, e di certe scontate tiritere che ChatGPT avrebbe prodotto anche meglio? Per la scialba e scontata corsa alle poltrone governative restano la gazzarra parossistica all’interno della lista leghista-democentrista, in parte costruita ad arte, e la blindatura narcotizzante di Marina Carobbio nella lista rosso-verde preceduta dallo spettacoloso martirio con secessione dal PS di Amalia Mirante. Punto.

Ci sarà almeno un cambiamento nella ripartizione dei Dipartimenti? Al porto comunale, dove fra barcaioli e velisti si raccolgono molti pettegolezzi, c’è chi parla di un accordo tra Marina Carobbio e il centrista Raffaele De Rosa, la prima da insediare al DSS per naturale predisposizione e il secondo da spostare al DECS del dopo Bertoli. È vero che l’attuale direttore del DSS, con il suo slogan scippato a Fonio «Io ci sono», se davvero c’è non dovrebbe avere problemi a dire di sì. Ma i laici liberali (con i superstiti dell’ala radicale) lascerebbero la scuola al partito amico degli istituti privati? Il passato pesa sempre e la Storia non manca mai di confermarlo.

Più attesa c’è per il Parlamento, dove si teme un’ulteriore frammentazione con aumento dei partitini. Asia, a furia di sentire evocare questo babao, si dice pure lei preoccupata, forse perché ne parla nei suoi aperitivi elettorali radical chic tra un Negroni sbagliato e un Pirlo bresciano. È certo che un eccesso di divisione politica produce anche effetti negativi e che una discussione sul sistema elettorale può porsi, a patto però di non trasformarla nel tormentone parolaio della nuova legislatura, alibi per dimenticare tutto il resto. Comunque, cos’è peggio per la democrazia? La frammentazione con i suoi «scassamaroni» o la trasformazione dell’aula del Gran Consiglio nella sala del popolo di Pechino dove il Partito-Stato compie i suoi riti di acritica, unanime e adulatoria adesione al presidente Xi Jinping?

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