Il mondo di Alexia

Non dite come un amico mio che pur s’intende di calcio «Alexia chi?», quando pronuncio il nome di Alexia Putellas, il Lionel Messi del calcio femminile. Lei è la star del Barcellona (gioca assieme alla rossocrociata Ana-Maria Crnogorčević) e nel 2021 ha vinto il Pallone d’oro femminile, è stata UEFA Women’s Player dell’anno e miglior FIFA Women’s Player.
Quel «Alexia chi?» - ma devo confessarlo: anch’io conoscevo assai poco la storia di questa calciatrice - testimonia quanto sia ancora enorme la distanza che separa l’universo dell’arte pedatoria femminile da quello maschile, coi suoi eroi celebrati in tutto il mondo e retribuzioni che non sono nemmeno paragonabili a quelle percepite dalle calciatrici. Di fronte alle decine e decine di milioni incassati annualmente dai Messi e dai Cristiano Ronaldo, la povera Alexia, stando ai bene informati, deve accontentarsi infatti di un salario di 150 mila euro annui, a cui si aggiungono sponsorizzazioni varie sicuramente non milionarie. Soldi a parte, un recentissimo studio realizzato da IO Investigación per analizzare la conoscenza e la percezione degli spagnoli sulla discriminazione delle donne nello sport di alto livello, rivela che il 50% della popolazione del Paese non sa chi sia Alexia Putellas.
Lo sa bene invece Cupra, il marchio spagnolo fondato pochi anni or sono, ma decisamente in rampa di lancio con i suoi modelli che piacciono ai giovani. La casa automobilistica nata da una costola di Seat ha deciso di puntare proprio sulla Putellas, 27 anni, origini catalane come quelle del produttore di auto, proponendole di diventare la sua testimonial. «Noi di Cupra siamo ribelli e anticonformisti, vogliamo essere fonte di ispirazione per le nuove generazioni e Alexia è esattamente quel che siamo noi» ha dichiarato il CEO di Cupra Wayne Griffiths un paio di sere fa a Barcellona, giustificando la scelta della Putellas come ambasciatrice del marchio nel corso di una festosa cerimonia che ci ha permesso di conoscere un po’ la giovane calciatrice spagnola.
Archiviata una finale di Champions League persa contro il Lione, per Alexia è già tempo di guardare avanti e di sognare il successo nell’Europeo che si svolgerà in Inghilterra dal 6 al 31 luglio prossimi (ci sarà anche la Svizzera). «Un traguardo ambizioso, ma alla nostra portata» dice la trequartista del Barcellona, 98 presenze in Nazionale e «una passione smisurata per quello che faccio, perché il calcio è la mia vita, ma è anche uno sport che regala tanta felicità alle persone e allora va fatto bene».
Alexia ribelle e anticonformista, si batte contro le differenze di genere, difende con gli artigli la sua vita privata, anela ad un mondo più ecologico e guida un’auto elettrica, prende posizione in favore dell’indipendenza catalana e condanna le sanzioni decretate da Madrid contro i politici separatisti. Ha coniato un proprio motto, consegnato ad un poster gigante che la ritrae in maglia blaugrana, appeso in ogni aula delle scuole della sua cittadina, dall’asilo alle secondarie: «Non cambiare il tuo sogno, cambia il mondo».
Diventata un punto di riferimento per tutte le ragazzine che vogliono giocare a calcio, ad Alexia Putellas oggi manca il supporto della figura paterna, l’uomo che più credeva in lei e l’ha aiutata a diventare la campionessa che è: suo padre Jaume, grande tifoso del Barça, è infatti morto improvvisamente quando la ragazza aveva 18 anni. «Faccio tutto questo per te, spero che tu sia molto orgoglioso di tua figlia: ovunque tu sia, questo trofeo è per te, grazie papà» sono state le prime parole pronunciata da Alexia col Pallone d’oro tra le mani.