Fogli al vento

Il Qatar e il brutto del gioco

Si sta giocando allegramente a calcio nel Mondiale degli scandali. Fermate i Mondiali, vogliamo scendere, verrebbe da dire
Michele Fazioli
Michele Fazioli
28.11.2022 06:00

Si sta giocando allegramente a calcio nel Mondiale degli scandali. Fermate i Mondiali, vogliamo scendere, verrebbe da dire. Il torneo planetario invece non si ferma. Però a guardar bene si potrebbe scendere lo stesso, scioperando da telespettatori. Lo so che boicottare i Mondiali dal proprio divano di casa risulterebbe patetico e che l’emiro del Qatar se ne farebbe un baffo. E poi, certo, se i Mondiali si giocano viene naturale guardarli perché dopotutto il calcio è lo sport più popolare del mondo, dal polo nord al polo sud se dai una palla di stracci o un barattolo tra i piedi di tre ragazzini nasce una partita. E così, avendo tutti in cuor nostro il buon proposito indignato di fare astinenza e guardarci qualche serie TV invece delle partite, poi una sbirciatina la daremo, non sia mai che un qualche Embolo colpisca le vene del grande Brasile. Però: che vergogna (prescindendo dal calcio giocato) questi Mondiali assegnati con gigantesche corruzioni in un mix di tangenti, voti comprati, affari, interessi occulti, maneggi. Un recente, informatissimo e non contestato documentario della Televisione Svizzera e decine di inchieste di autorevoli giornali europei hanno ricostruito l’impressionante trafila. C’era tutto, compresi il coinvolgimento dell’allora presidente francese Sarkozy e un contratto plurimiliardario, subito dopo l’assegnazione dei Mondiali al Qatar, per la fornitura di aerei della Francia all’Emirato, i pasticci (o forse malaffari) milionari di Blatter e Platini sotto processo e il siluramento del procuratore pubblico svizzero Lauber reo di incontri clandestini con il dirigente della FIFA Infantino che poi, caduti Blatter e Platini, è diventato lui il grande capo (e forse ha fatto di tutto e di troppo per diventarlo). Quella scelta di sede dei Mondiali sarebbe stata da annullare subito, non appena emersi i grotteschi scandali connessi (e adesso, ghigno della sorte, lo stesso Blatter, gran capo allora della FIFA, a frittata fatta è venuto a dirci che la scelta del Qatar fu un clamoroso errore). I Mondiali sono stati tranquillamente mantenuti, tanto ai padroni della buia notte degli scandali non gliene importa nulla del gracidare delle impotenti rane della protesta, perché gli affari sono affari, e valgono miliardi (federazioni calcistiche faraoniche, pubblicità planetarie, indotti enormi, infrastrutture, media, mercato calcistico gonfiato a suon di milioni). Ma poi poche storie: il Qatar ha una popolazione di appena due milioni e ottocentomila abitanti (ma i qatarioti indigeni sono solo il venti per cento, il resto sono lavoratori immigrati indiani, pakistani, bengalesi, nepalesi e altro) e ha avuto grottescamente i Mondiali. Nella costruzione dei megastadi climatizzati sono morti quasi seimila lavoratori, in condizioni di lavoro scandalose. Si aggiungano i diritti umani calpestati, le donne discriminate, la condanna degli omosessuali, il potere assoluto e non democratico. Ma «the show must go on», lo spettacolo deve continuare. Poi uno dice: vabbè, adesso abbiamo detto e criticato, ci siamo indignati, però ora basta, ora si gioca e bando alle chiacchiere. Ok, d’accordo. Ma un giorno o l’altro sarebbe pur bello sollevare una questione di fondo: si può in linea di principio fissare un confine dopo il quale non potrà più valere la comoda separazione netta fra lo sport da una parte e la giustizia e l’etica dall’altra? Esiste un punto di non ritorno oltre il quale occorre agire? Dopotutto la parola «sanzioni» risuona nel mondo democratico da anni in molte occasioni di fronte ad atti palesemente condannabili. Però va bene, adesso ho capito che ora finalmente si è cominciato a giocare e so che a dire queste cose si rischia di fare il guastafeste. Ma avevo voglia di dirle lo stesso. Proviamo dunque a gridare comunque «hopp Suisse» (o viva altre squadre del cuore) con tanto affetto, ma lo facciamo con molto meno entusiasmo di quando lo gridavamo sotto il cielo delle estati piene di maxischermi e grigliate e soprattutto guardando partite in Paesi ospitanti certamente imperfetti ma abitati da libertà e democrazia (come dite? E l’Argentina del 1978 con i generali che torturavano e gettavano vivi dall’elicottero in mare i prigonieri ? Appunto: errare può essere umano ma perseverare è diabolico). E va bene, forse questi Mondiali non saranno bucati (nel senso che non scoppieranno). Ma certamente sono bacati.