Il commento

Il rigido inverno dell’economia

All’esplosione dei prezzi dell’energia e al rischio di una carenza di gas, che potrebbe portare a misure di razionamento, si aggiungeranno gli aumenti del costo del denaro attuati dalle autorità monetarie dei Paesi occidentali
Alfonso Tuor
21.09.2022 06:00

Sarà un inverno particolarmente duro soprattutto per l’economia europea. Infatti all’esplosione dei prezzi dell’energia e al rischio di una carenza di gas, che potrebbe portare a misure di razionamento, si aggiungeranno gli aumenti del costo del denaro attuati dalle autorità monetarie dei Paesi occidentali. Infatti si è ormai consolidata un’intesa tra le banche centrali di aumentare i tassi di interesse non solo per frenare il rincaro ma anche per farlo scendere a livelli sostenibili, di modo che vengano ridotte le aspettative inflazionistiche di consumatori ed aziende che si sono già diffuse negli ultimi mesi. Quindi oggi sarà la Banca centrale europea (BCE) che procederà ad un aumento del costo del denaro, in settimana la Banca nazionale svizzera (BNS) e all’inizio d’ottobre la Federal Reserve americana. La BNS deciderà un rialzo (probabilmente di 50 punti base che porterebbe il tasso sui depositi allo 0,5%) per combattere un rincaro che ha raggiunto il 3,5% (che resta dunque nettamente inferiore a quello degli altri Paesi occidentali) e soprattutto per rafforzare il franco e quindi ridurre gli effetti dell’inflazione importata tramite i prezzi delle materie prime che sono denominati in dollari, ossia in una valuta statunitense in ascesa al seguito dell’aumento dei tassi negli Stati Uniti. Ben più insidiosa sarà la manovra della BCE alle prese con un’inflazione al 9,1% e con un’economia in forte rallentamento e in alcuni Paesi, come la Germania, sull’orlo della recessione, che la Bundesbank prevede che comincerà a manifestarsi già nel quarto trimestre di quest’anno.

L’aumento del costo del denaro è comunque solo una parte della politica restrittiva delle autorità monetarie. Infatti le banche centrali l’accompagneranno con la riduzione dell’enorme quantità di moneta iniettata nel sistema economico dopo la crisi finanziaria del 2008. Si stima che i soldi stampati dalle banche centrali in questi anni superino i 20 mila miliardi di dollari. Essi spiegano il «volo» delle borse con indici azionari che sono cresciuti del 320%, mentre l’economia globale è salita solo del 30%. La diminuzione di questa enorme quantità di soldi creata dal nulla è destinata a deprimere i mercati finanziari e ad incidere su un indebitamento pubblico e privato salito a dismisura. Insomma una manovra concentrica che sommata all’aumento del costo del denaro e alla crisi energetica renderà difficile evitare una recessione. Ma le autorità monetarie hanno concordato che debellare l’inflazione è l’obiettivo prioritario. E infatti la Fed statunitense ha già iniziato l’operazione di drenaggio dei soldi stampati, la BCE dovrebbe decidere di seguirla così come la BNS. Infatti il bilancio della nostra BNS, che supera il nostro PIL, è il frutto della scelta di frenare l’ascesa del franco attuata tramite la stampa di franchi usata per acquistare valute estere (soprattutto euro) ed in seguito azioni ed obbligazioni straniere. Ora questa scelta coordinata di ridurre la quantità di moneta in circolazione dovrebbe servire alla BNS per limitare le prevedibili perdite, che potrebbe subire sugli investimenti effettuati nei mercati azionari ed obbligazionari, e contemporaneamente per ridimensionare la bolla immobiliare cresciuta in Svizzera. Molto più delicata è la missione della BCE. Infatti Francoforte intende usare i soldi che incasserà dalle obbligazioni che vengono a scadenza per alimentare un fondo speciale volto ad aiutare i Paesi «deboli», come Italia e Grecia, che potrebbero vedere esplodere il costo del rifinanziamento dei loro notevoli debiti pubblici.

E come se ciò non bastasse, l’impennata dei prezzi dell’energia e il rischio di un razionamento, che appare sempre più probabile, stanno provocando, soprattutto in Germania e in Italia, l’interruzione di alcune attività produttive e stanno spingendo alcune aziende a valutare la chiusura definitiva o la loro delocalizzazione in Paesi meno duramente colpiti dalla crisi. Dunque l’Europa non deve solo superare l’imminente crisi, ma anche evitare di registrare un ridimensionamento della propria struttura industriale. Insomma durante questo inverno si gioca una partita decisiva: affrontare una crisi finanziaria ed al contempo una crisi economica.