Situazioni, momenti, figure

Il tempo non ha sponde

Quando alcuni anarchici italiani nel 1895 vennero a Lugano per sfuggire al carcere, la piccola città era una meta di turismo di pregio
Salvatore Maria Fares
Salvatore Maria Fares
14.11.2025 06:00

Quando alcuni anarchici italiani nel 1895 vennero a Lugano per sfuggire al carcere, la piccola città era una meta di turismo di pregio. Vennero allontanati dalle autorità federali con accuse di cospirazioni. Il loro portabandiera era l’avvocato, giornalista e scrittore Pietro Gori che scrisse una canzone che sarebbe diventata popolare: «Addio Lugano bella». Gori era anche sospettato di avere delle responsabilità come ispiratore dell’uccisione del presidente francese François Sadi Carnot. Circa vent’anni dopo a completare la lista degli «alternativi» di pregio soggiornanti o di passaggio venne a Montagnola Hermann Hesse. Come era la città lo testimoniano tante immagini. Dai suoi dintorni si ammirava un lago coronato di colline e montagne amene. Il suo cuore e il suo centro avevano un doppio volto. Lunedì RSI ne ha rievocato pezzi storia. I suoi dintorni erano un richiamo elevato e incantevole, impreziositi da ville oggi storiche, come villa Morosini a Vezia, dove il giovane Giuseppe Verdi soggiornò un paio di volte per dare lezioni al ragazzo Emilio Morosini, che sarebbe stato il più giovane martire del Risorgimento italiano, caduto diciottenne con Enrico Dandolo e Luciano Manara nella difesa di Roma. Così giovane che al passaggio della sua salma l’esercito francese sospese la battaglia in corso. Quella villa certamente contrastava con il quartiere più desolante di Lugano, il Sassello, sotto il quale passarono anche Mazzini e Garibaldi, padri dell’imminente nuova Italia. In quel quartiere c’era la povertà più cruda che costringeva a vivere in un perimetro di miseria. Quando Garibaldi viene a Lugano a prendere i soldi per pagare le due navi per la sua spedizione liberatrice, sotto il Sassello c’era una casa Riva dove abitava Cristina di Belgioioso che lo finanziò. Gli Asburgo chiesero l’estradizione della principessa ma Cantone e Confederazione la negarono, perché - come risposero - non potevano espellere una cittadina svizzera, poiché dal ‘400 «sono Conti di Mesocco». Qui Carlo Cattaneo fondò il Liceo e anche il suo nome è emblema del Risorgimento italiano per le sue azioni concrete, come le Cinque Giornate di Milano. Forse è tempo che Lugano sia decorata e promossa Città Benemerita del Risorgimento. Nelle celebrazioni viene dimenticato chi ai margini del quartiere di Sassello operò per l’antifascismo e per la liberazione dell’Italia durante la Resistenza. L’avvocato Pino Bernasconi operò molto per quella causa, sostenendo Arnoldo Mondadori che da qui mandò avanti la sua attività editoriale e fu lui a pubblicare «Finisterre» di Eugenio Montale che in Italia non poteva. Accanto agli ultimi resti del Sassello passava anche un bizzarro principe, re dello schermo, un certo Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno de Curtis Di Bisanzio Gagliardi, che a una principessa che gli chiese come avrebbe dovuto chiamarlo rispose: «Mi chiami pure Totò». Abitava dove ora la città è cambiata, impreziosita con architetture di cristalli e marmi bianchi, a sottolineare la luce che la irradia. Passarono tutti sotto la contrada di Sassello, in cui la vita sembrava uscita da una canzone di De André. Da giovane scrissi una poesia di cui riporto qualche verso: «Che gente eccentrica in quel rione / di Sassello di non so dove. / Peppo è un vagabondo senza dio che ha ucciso sua madre / e non piange. / Maria canta una canzonaccia / e bestemmia come sua madre. / Suo padre è in galera. / Dai negozi di lusso/ torna Luciana con la borsa nuova. /Le costa tre notti ma ora fa la signora. / All’angolo di quel rione / di Sassello di non so dove / abita il professore sul confine del perbenismo, / viscido come una serpe /. La gente lo chiama il tisico. / L’ambulanza porta via una vecchia. /Un vecchio si scopre il capo / e l’unico occhio gli si inzuppa. / L’aveva amata sul ciglio di un fosso / sessant’anni fa. / Che gente eccentrica in quel rione». Il servizio televisivo ha offerto per alcuni un salto nella nostalgia ma nella gioia per quelli che seguono il progresso edilizio necessario, purché di qualità e gusto e non di espansionismo uniforme nella similarità dei tanti nuovi muraglioni che spesso allargano il perimetro anche a scapito dell’estetica. Borghi e città hanno trasformato le loro periferie ma sarà il tempo a dire se i nuovi gusti piaceranno alle nuove generazioni. Si dice che ce ne vogliono tre per fare la storia. Dove c’era il Sassello è subentrata la comodità e ce ne siamo abituati. Anche a Besso, a un chilometro dalla cattedrale, sorse un po’ avveniristica la chiesa di San Nicolao, che oggi è espressione di un quartiere.