Il commento

Il vino di Meghan non piace a Londra

Anche a Corte così come tra il pubblico, ci sono gli ottimisti ostinati che ancora immaginano, o sperano, una riconciliazione: non comprendono la profondità e violenza della lacerazione tra i fratelli (la mutua antipatia delle cognate viene dopo)
Antonio Caprarica
26.06.2025 06:00

Con le nubi di guerra che ancora impolverano minacciose l’orizzonte, Londra trova conforto nel rassicurante ripetersi dei rituali reali. L’inizio dell’estate, che qui chiamano the Season, cioè la stagione della mondanità, è il più ricco di questi eventi. E se ce n’è uno che da sempre compatta, come nessun altro, monarchia e popolo, quelle sono le corse dei cavalli ad Ascot. L’ippodromo di Ascot è un’enciclopedia dell’Inghilterra: cavalli, scommesse, abiti, cappelli, e nel Recinto Reale champagne e party sull’erba, ma sempre rigorosamente in tight (il morning dress) e cilindro i gentlemen, abiti fru-fru e cappellini super eccentrici le ladies. A loro e alle fantastiche creazioni che si mettono in testa è addirittura dedicato un giorno intero, il secondo delle corse, opportunamente intitolato Ladies Day. La grande delusione, quest’anno, è stata l’improvvisa e inattesa defezione di Kate, ovvero la principessa del Galles. Aveva illuminato con la sua bellezza e ritrovata salute la parata militare del Trooping the Colour a metà giugno. Si era confermata regina di stile apparendo in bianco immacolato (completo riciclato) e cappellino in tono (nuovo) alla cerimonia annuale del più antico ordine cavalleresco europeo, quello della Giarrettiera. Tutti la aspettavano raggiante per il Ladies Day, due giorni dopo, e addirittura il protocollo aveva anticipato che sarebbe apparsa nella seconda carrozza del corteo reale dopo Carlo e Camilla, accanto al marito. E invece il pubblico ha visto William sulla carrozza del padre ma tutto solo. Il Palazzo ha cercato di sminuire l’allarme parlando di un equivoco. Insomma l’assenza di Kate non sarebbe frutto di qualche malore improvviso ma sarebbe stata programmata. E solo un pasticcio burocratico avrebbe invece per errore confermato la sua partecipazione. L’esercizio di limitazione-danni trovava la sua più chiara smentita nella faccia lunga e preoccupata di William.

Per quanto Buckingham Palace suoni la grancassa della guarigione, per quanto ufficialmente il cancro sia «in recessione», resta il fatto certo che la salute della principessa è fragile, e i tempi di recupero tra un’apparizione ufficiale e un’altra non possono essere così brevi come quelli imposti dalla frenetica agenda reale. Un guaio per la Corona. Non solo perché, come non si stancava ripetere la compianta Elisabetta, «la gente deve vedermi per credermi», e infatti lei non si risparmiava tra viaggi, visite, pranzi di Stato e garden party estivi con centinaia di semplici sudditi. Il fatto è che la ridotta «spendibilità» (almeno per il momento) della futura regina coincide con una feroce riduzione del numero dei «working royals», un po’ per la severa cernita imposta da Carlo, un po’ per ragioni anagrafiche. Della vecchia generazione dei Windsor sopravvive solo il novantenne, e sempre più fragile, duca di Kent, seguito dal cugino duca di Gloucester dieci anni più giovane. Accanto a Carlo e Camilla, quasi ottantenni, restano solo due fratelli del re, Anna ed Edward coi consorti. E della nuova generazione, non ci sono che William e Kate. I vari cugini o sono ancora troppo giovani o non sono interessati al mestiere di «reali». Mai come in questi momenti si misura il buco lasciato nella porpora reale dalla fuga di Harry e Meghan. Anche a Corte così come tra il pubblico, ci sono gli ottimisti ostinati che ancora immaginano, o sperano, una riconciliazione. Non comprendono la profondità e violenza della lacerazione tra i fratelli (la mutua antipatia delle cognate viene dopo). In mancanza di un mea culpa del cadetto, William una volta re è determinato a segare via i Sussex dall’albero reale, privandoli anche dell’appellativo onorifico di Altezze Reali. Come dargli torto, quando Meghan continua a usare sfacciatamente questo segno unico di dignità reale per «pompare» piuttosto il suo brand commerciale? La sua ultima trovata indigna anche i nostalgici di quella suocera mai conosciuta ma alla quale pretende costantemente di atteggiarsi. «As ever», il marchio dei prodotti «di stile «della duchessa-imprenditrice, ha appena annunciato su tutti i social il lancio di un nuovo vino rosé. Quando? Ma giusto il 1. luglio, data del compleanno di Diana, il giorno in cui la principessa più amata avrebbe compiuto 64 anni… Non bisogna essere un genio del marketing per capire che si tratta di una spaventosa mancanza di riguardo. Benedetta Meghan, ma un po’ di sale in zucca, proprio no? Tanto da Harry nessuno se l’aspetta.