Il commento

Il voto francese e le politiche europee

L'ammucchiata a livello di Assemblea nazionale disorienterà ulteriormente gli elettori ma sta già rasserenando i mercati finanziari
Alfonso Tuor
10.07.2024 06:00

Lo scioglimento dell’Assemblea nazionale e la convocazione di elezioni anticipate che Emmanuel Macron aveva presentato come un momento di chiarimento dello scenario politico francese si concluderà molto probabilmente con la formazione di una coalizione di Governo formata dalle forze che si richiamano al presidente e da quelle del Nuovo fronte popolare (socialisti e forse anche ecologisti) che abbandoneranno l’alleanza della sinistra con l’obiettivo di isolare la France insoumise di Mélenchon. Insomma un’ammucchiata che disorienterà ulteriormente gli elettori francesi, ma che sta già rasserenando i mercati finanziari fortemente preoccupati dal programma della sinistra di grandi spese sociali e di aumenti fiscali per i grandi ricchi. Questa conclusione, che richiederà lunghe trattative e che forse avverrà dopo un tentativo di Governo del Nuovo fronte popolare (che però non dispone di una maggioranza in Parlamento), non soddisferà una popolazione francese che ha riposto le sue speranze nel Rassemblement national di Marine Le Pen, che ha ottenuto oltre 10 milioni di voti, e nel Nuovo front popolare, il cui programma ha coagulato il consenso di oltre 7 milioni di francesi. Non servirà nemmeno per rilanciare la crescita dell’economia e per sanare le divisioni tra zone rurali e urbane e il divario crescente tra ricchi e un ceto medio impoverito da un’inflazione che ha decurtato il potere d’acquisto e nemmeno basterà per allentare le tensioni sull’immigrazione considerata da molti la causa prima dell’aumento dell’insicurezza. E infine non basterà a sostenere l’ambizione di Emmanuel Macron di diventare il nuovo Napoleone dell’Europa. Anzi, la debolezza economica, sociale e politica della Francia inciderà sulla capacità di sopravvivenza dell’alleanza franco-tedesca dell’Unione europea.

La Francia, come del resto gli Stati Uniti, vive con un doppio disavanzo, quello della bilancia commerciale e del debito pubblico. Insomma consuma più di quanto produce e lo Stato spende più di quanto incassa. La protezione dell’euro e soprattutto della Banca centrale europea che può indubbiamente intervenire in caso di improvvisi scossoni finanziari sui tassi di interesse necessari per raccogliere i capitali necessari per finanziare il debito pubblico, ma non ha un dollaro, che in quanto moneta internazionale rappresenta uno scudo, né una capacità di attrarre capitali stranieri paragonabile a quella americana. Quindi Parigi vive con una spada di Damocle sulla testa, anche perché Bruxelles ha avviato una procedura di infrazione sui conti pubblici contro la Francia. E infatti quest’anno il deficit pubblico si attesterà al 5,3% del PIL (e sarà quindi maggiore di quello italiano), mentre il debito pubblico l’anno scorso ha raggiunto il 111% del PIL e nell’Unione europea è solo inferiore a quello di Grecia ed Italia. Ma c’è di più, il 50% del debito pubblico francese è detenuto da non residenti (in Italia è solo il 27%) e mentre in Italia l’11,1% del debito è in mano alle famiglie, in Francia questa quota si ferma allo 0,1%. Dunque i sottoscrittori del debito pubblico francese sono tendenzialmente più mobili (e quindi più sensibili ad eventuali cattive notizie), anche se questi dati sono in parte compensati da una durata media elevata dei titoli in circolazione che è di 8,5 anni.

Per l’Europa i risultati delle elezioni francesi vengono letti come uno scampato pericolo, ma di fatto costituiscono un ulteriore indebolimento della leadership dell’Unione nei confronti della quale cresce pressoché ovunque l’insofferenza, che probabilmente si manifesterà già il prossimo 18 luglio nel voto parlamentare sulla nomina di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. La Francia mette in luce che l’insieme delle politiche europee (da quelle ecologiche a quelle migratorie, da quelle agricole a quelle economiche) sono fallimentari. Esse tendono unicamente ad impoverire il ceto medio e ad accelerare il declino del Vecchio Continente.