In agenda un aiuto decisivo per i giornali

Ci siamo, verrebbe da dire. A Berna il Consiglio degli Stati affronterà domani un’iniziativa parlamentare che chiede di accrescere il sostegno indiretto alla stampa scritta, e questo dopo che nel settembre scorso il Consiglio nazionale aveva accordato il proprio il via libera a questa proposta, seppur con cifre leggermente superiori. Alla camera dei cantoni in discussione ci sono aiuti per 65 milioni di franchi all’anno in favore dei media regionali e dell’invio mattutino dei quotidiani, compito che la Posta fatica sempre più a svolgere. A ciò vanno aggiunti 10 milioni di franchi in favore della stampa associativa. I siti giornalistici che si trovano soltanto online continueranno invece ad essere esclusi da questo pacchetto. Questo dibattito parlamentare avviene in un momento burrascoso per il settore giornalistico svizzero confrontato quest’anno, ma già anche nel 2023, con quello che può essere chiamato un «autunno nero». Per due anni consecutivi, in particolare in Romandia, sono stati annunciati tagli occupazionali a ripetizione, con una perdita di almeno 300 posti di lavoro. Senza contare i licenziamenti già annunciati dalla SSR, e nella Svizzera italiana, dalla RSI. Una situazione allarmante, dovuta in gran parte alla trasformazione digitale con cui il settore è chiamato a fare i conti, e che a ben guardare dovrebbe preoccupare tutta la nostra società. Non per nulla la stessa Commissione che ha preparato il dibattito in agenda agli Stati parla di un settore che «svolge un’importante funzione democratica».
I media rappresentano uno dei perni fondamentali attorno a cui si muove la nostra democrazia, piattaforme di confronto e di dibattito che permettono al pubblico e ai cittadini di essere informati e anche di potersi poi esprimere quando si tratta di andare a votare, cosa che in Svizzera capita piuttosto frequentemente, perlomeno quattro volte all’anno. In questo contesto, lasciare le varie testate del nostro Paese in balia della rivoluzione digitale, gestita dai colossi miliardari come Google & Co., senza accordare a questo settore nemmeno una minima protezione, significherebbe mettere a repentaglio anche il nostro sistema democratico. Ma a ben guardare in pericolo c’è anche la difesa del nostro Paese. La disinformazione rappresenta a tutti gli effetti una minaccia per la nostra sicurezza nazionale e per la coesione del nostro Paese. L’onda d’urto della digitalizzazione può portare anche a questo, a campagne di fake news capaci di innescare tensioni e destabilizzazione. Anche per questo è essenziale disporre di testate giornalistiche forti, capaci di basare il loro lavoro sui fatti, e sulla verifica costante di questi fatti, in un periodo storico in cui prendono sempre più piede quelli che vengono chiamati «i fatti alternativi» o la «post-verità», bolle social che veicolano interpretazioni non veritiere sulla nostra quotidianità. Di recente il parlamento ha varato un’offensiva per accrescere la produzione di energia elettrica, chiamata Solar-express, occorre ora anche una Presse-express, di cui gli aiuti in discussione a Berna rappresentano solo un primo passo, l’informazione ha bisogno di una vera e proprio offensiva, anche a livello dei singoli cantoni. E qui il Ticino deve riuscire a fare di più, ad esempio con una campagna mirata per avvicinare i giovani al mondo dell’informazione.