In concorso narrazione agli onori
Che la Lituania avrebbe preso un premio importante a Locarno 77 era abbastanza scontato fin dalla conferenza stampa di presentazione, quando fu annunciata con due rappresentanti in gara. Meno prevedibile che il Paese baltico avrebbe preso tre premi sui cinque ufficiali. Il Pardo d’oro a Toxic dell’esordiente Saulé Bliuvaité è decisamente meritato: nel gioco delle stelline, che spesso porta a dover scegliere in fretta, gliene daremmo 4 anziché 3. La cineasta dimostra personalità, capacità registica di gestire gli stili e qualcosa di forte da dire, al di là della solita solfa degli ultimi anni della regista donna che fa un film sulle donne. Il punto è sempre come si fanno le cose e come si mettono in scena le storie: Bliuvaité ha rivelato talento e c’è da augurarle che il film circoli e che la sua carriera sia solo agli inizi. Da notare che si tratta della prima vittoria di un film dell’ex blocco sovietico dai tempi del russo-kazako La mia vita sul bicorno di Ermek Shinarbaev, premiato nel 1993. E fa il paio con il Pardo nella sezione Cineasti del presente dell’ottimo georgiano Holy Electricity di Tato Kotetishvili, un racconto di iniziazione che sarebbe stato bene nel concorso principale.
Meno d’impatto l’altro baltico Seses – Drowning di Laurynas Bareisa, un dramma familiare che ha ricevuto il Pardo per la miglior regia e un premio di gruppo per l’interpretazione. A nostro parere il film perde il confronto con lo svizzero Spatz im Kamin di Ramon Zürcher, che racconta praticamente la stessa situazione in maniera più sorprendente e avrebbe potuto riportare i colori rossocrociati nell’albo d’oro.
La giuria presieduta dalla la regista austriaca Jessica Hausner ha premiato film molto narrativi e classici, alcuni, come Toxic o il connazionale Mond di Kurdwin Ayub (Premio speciale della giuria), decisamente in linea con la propria poetica.
Ignorati del tutto lavori arrischiati e innovativi come New Dawn Fades del turco Gurcan Keltek e il portoghese Fogo do vento di Marta Mateus. Peccato perché un cinema di ricerca, presente in concorso con opere dagli esiti alterni, avrebbe meritato uno spazio nel palmarès e un incoraggiamento.
I grandi nomi (come Radu Jude lo scorso anno) si sono dovuti accontentare di altri riconoscimenti, il delizioso coreano By the Stream di Hong Sang-Soo del premio all’interpretazione di Kim Minhee, il potente documentario cinese Youth (Hard Times) di Wang Bing della menzione speciale. Del resto entrambi hanno già vinto il Pardo d’oro e il bis non è contemplato nello spirito di una manifestazione rivolta alla scoperta. Senza premi pure l’Italia che portava due titoli (Luce di Silvia Luzi e Luca Bellino e Sulla terra leggeri di Sara Fgaier), forse non così forti e neppure univoci o immediati da cogliere, e non vince a Locarno da ben vent’anni.
Fa invece riflettere il Pardo verde attribuito a sorpresa ad Agora del tunisino Ala Eddine Slim, un film che resta un po’ allo stato gassoso e non tratta esplicitamente questioni ambientali.