Innovazione, tradizione

Il nuovo non è sempre buono, e soprattutto non è buono perché nuovo, è buono solo se è buono, anche se questa pare una banalità. Oggi invece la novità in quanto tale viene presentata in ogni caso come positiva e orientata al meglio. È vero che un prodotto nuovo e originale può essere attraente e stimolare il consumatore all’acquisto. Eppure non ogni novità nel senso di mutamento e trasformazione ha apporti positivi e benefici, neppure se opera lo «svecchiamento» di un ordinamento, di un modo di produzione, di una tecnica o, e arrivo dove volevo arrivare, di un programma scolastico.
Mi riferisco in particolare all’insegnamento delle lingue antiche, greco e latino, al liceo, per il quale mi sono già spesa in un «Pensiero di libertà» del 6 luglio 2023 a proposito della commemorazione di Nuccio Ordine, profeta dell’utilità dell’inutile. La struttura della griglia liceale insieme ad altri fattori favorisce il calo degli iscritti all’indirizzo classico ove si studiano latino e greco, che fanno parte di una nobile e antica tradizione che ci si appresta in parecchi cantoni svizzeri a mandare alle ortiche: fuori le lingue classiche, dentro informatica e I.A. E questo benché l’apprendimento del greco e del latino potenzi la comprensione della struttura e del funzionamento del linguaggio; faciliti lo studio della lingua madre e delle lingue straniere, permetta l’acquisizione di specifiche terminologie linguistiche (in medicina, giurisprudenza, scienze naturali…), consolidi le competenze della grammatica e della sintassi, e rappresenti dunque un’ottima propedeutica all’approccio scientifico. Non è un caso che allievi e allieve dei corsi di greco e latino, piccola ma preziosa élite aperta alla comprensione delle radici culturali europee. siano tra i migliori dei loro istituti.
In difesa dell’insegnamento delle lingue antiche a scuola (latino obbligatorio per i primi due anni del liceo! fare di tutto in Ticino per conservare entrambe le discipline come OS!) si sono mobilitate, indicendo petizioni, sia Zurigo sia Ginevra. Tra i firmatari della petizione di Ginevra spicca il nome di Joël Dicker, il giovane «giallista» svizzero francese che ci ha tenuti in tensione con La Vérité sur l’affaire Harry Quebert e altri suoi romanzi. Tra questi, il recente La disastrosa visita allo zoo, un libro, nell’intenzione dell’autore, per bambini e adulti. Un libro e un inno in onore del libro, affinché non scompaia la forma libro, perché non appassiscano la cultura e la classicità, perché una innovazione rozzamente intesa non soffochi una produzione di alto profilo quale quella della tradizione greco-latina con i suoi miti, la sua epica, la sua filosofia, le sue fulminanti intuizioni politiche e le sue straordinarie tragedie, il suo diritto, la sua poesia.