La corsa all'oro, le ragioni e i dubbi

A spingere così in alto il prezzo dell’oro sono ormai soprattutto le tensioni geopolitiche e i dazi americani. Gli acquisti delle banche centrali e la domanda industriale continuano a contribuire, ma non possono bastare. Per spiegare un tale boom del metallo giallo bisogna guardare anche e soprattutto all’appetito di molti investitori che vedono ancor più che in passato il lingotto - sia il bene fisico sia i titoli di carta che lo rappresentano - come rifugio per eccellenza. I beni rifugio si cercano in misura maggiore quando sono elevate le incertezze, politiche e/o economiche. E le incertezze attualmente sono alimentate in larga misura dalle tensioni geopolitiche che nel complesso rimangono ancora forti e dai preoccupanti contrasti nei commerci innescati dai dazi USA, ora di nuovo anche con la Cina.
Da una parte il rallentamento economico globale non sta sfociando in recessione internazionale e le Borse mondiali sin qui hanno mantenuto livelli alti, è vero. Dall’altra parte, per un buon numero di investitori questo quadro va sì goduto ma va anche compensato con alcune per così dire polizze di assicurazione contro le elevate incertezze. I beni rifugio, appunto, destinati a reggere o anche a salire nel caso la situazione peggiori. Per molti investitori non si può dunque escludere che vi possano essere peggioramenti politici ed economici. Se le economie non cadessero in territorio negativo e se le Borse tenessero, anche gli investitori più critici potrebbero continuare ad avere vantaggi e potrebbero poi alleggerire le quantità di oro. Se economie e Borse invece cadessero in modo consistente, la quota di investimenti dedicata all’oro e ad altri beni rifugio, tra i quali l’argento e altri metalli preziosi, tornerebbe utile.
L’oncia d’oro spot registra attualmente un rialzo di oltre il 50% rispetto a dodici mesi fa. Negli ultimi anni il trend rialzista per l’oro era già stato prevalente, ma dall’inizio di quest’anno il lingotto ha messo il turbo. Discorso analogo per il rialzo annuo di circa il 60% dell’argento, che però, come il platino e il palladio, ha una componente industriale in proporzione maggiore rispetto a quella dell’oro. Difficile non collegare la poderosa avanzata del metallo giallo ai timori presenti in molti investitori per la geopolitica, per i conflitti bellici, per le dinamiche negative innescate dai dazi americani. La domanda di oro per l’industria rimane una voce di rilievo, pensiamo a orologi e gioielli, ma secondo lo stesso World Gold Council (WGC), l’organizzazione dell’industria aurifera, la domanda di questo tipo adesso non è da record. Discorso analogo per gli acquisti di oro da parte delle banche centrali. Molti istituti centrali, soprattutto di Paesi emergenti, hanno messo più metallo giallo nelle loro riserve, come bene rifugio ma anche come passo in direzione di una minore presenza del dollaro USA nelle riserve stesse. Anche questi acquisti delle banche centrali rimangono una voce di rilievo, ma anch’essi secondo il WGC ora non sono più da record.
È possibile che sia stato lo stesso rialzo prolungato del prezzo del lingotto a frenare a un certo punto, almeno in parte, l’industria e i consumi legati a prodotti in oro. Alcuni analisti e operatori di primo piano segnalano che in Cina e in India, due enormi mercati per la gioielleria in metallo giallo, la velocità nel settore adesso è minore. Materia prima e prodotti sono molto più cari e ciò in parte frena consumi che in precedenza procedevano a passo sostenuto. Potrebbe essere il medesimo motivo per cui le banche centrali hanno rallentato il ritmo degli acquisti di lingotti. Resta la strategia di maggiore diversificazione nell’oro e della riduzione delle riserve in dollari, ma qualcuno negli istituti centrali ha cominciato forse a pensare che il prezzo ora è molto alto, che dunque conviene moderare gli acquisti.
Tornando agli investitori, a giocare ancora a favore dell’oro potrebbero essere pure l’inflazione, che negli Stati Uniti e in altri Paesi sta risalendo, e appunto la debolezza del dollaro USA. L’inflazione più alta favorisce il lingotto, il dollaro basso anche. La perdita di potere d’acquisto dovuta all’inflazione porta acqua al mulino dell’oro bene rifugio. Lo stesso dicasi per il biglietto verde americano, quando è debole. Ma i carburanti principali per l’oro in questa fase sembrano essere soprattutto geopolitica e dazi. La quotazione del metallo giallo è ormai molto elevata. Nei prossimi mesi si vedrà se questi carburanti la spingeranno ancora o se invece il mercato in un modo o nell’altro determinerà un almeno parziale riequilibrio.

