Commento

La crescita economica che l’Italia non s’aspettava

Per la Penisola si prevede una crescita dell’1,2 per cento: la più alta tra quelle delle tre maggiori economie dell’Unione europea
Robi Ronza
Robi Ronza
23.05.2023 06:00

Presentando qualche giorno fa a Bruxelles le previsioni di primavera relative ai Paesi membri dell’Unione Europea il commissario agli Affari Economici Paolo Gentiloni ha annunciato che si prevede per l’Italia la crescita dell’1,2 per cento, la più alta tra quelle delle tre maggiori economie dell’Unione.

Anche se era stata fino ad allora poco riecheggiata dalla stampa italiana la notizia era già nota nel mondo dei proverbiali addetti ai lavori. Circostanze favorevoli, la politica del governo e gli aiuti europei stanno contribuendo a far sì che con Giorgia Meloni l’economia italiana cresca di più che con lo stesso Mario Draghi.

Un inverno mite che ha scongiurato nei mesi scorsi quel razionamento del gas che si era prospettato; la capacità delle imprese italiane di sfruttare bene la politica economica espansiva che si è imposta in sede internazionale; l’abilità con cui il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è riuscito a tenere i conti entro i limiti stabiliti; la rapidità con cui il governo di Roma è riuscito a sostituire il gas russo con quello di altre fonti, il consenso della Commissione a usare degli aiuti europei anche per contenere l’aumento del prezzo al consumo dell’energia; la forte ripresa del turismo: sono questi i fattori che hanno consentito all’Italia di fare meglio del previsto.

La Commissione prevede dunque che l’economia italiana possa, come si diceva, crescere quest’anno dell’1,2 per cento, con un miglioramento di 0,4 punti sul +0,8% stimato nelle previsioni di inverno e di +1,1 nel 2024 (+0,1 punti sulla precedente valutazione). Nel 2023 Bruxelles prevede inoltre un calo di 4 punti nel rapporto debito/prodotto interno lordo, che dal 144,4 del 2022, quest’anno scenderebbe al 140,4 e poi nel 2024 al 140,3 per cento.

Il deficit dei conti pubblici dovrebbe quest’anno essere pari al 4,5 per cento del prodotto interno lordo (era all’8 nel 2022) con un miglioramento nel 2024 al 3,7 per cento. Meno buone le previsioni riguardo all’inflazione: la crescita dei prezzi in Italia dovrebbe essere attestarsi sul 6,1 per cento, ancora una delle più alte fra le grandi economie dell’Eurozona. Per il 2024 invece è atteso un calo al 2,9 per cento, un livello comunque superiore a quello dei principali Paesi UE. Le cose vanno meglio delle attese anche per l’Unione Europea nel suo insieme, che è riuscita ad evitare la recessione malgrado le conseguenze della guerra in Ucraina.

Nonostante tutto quello che è successo dallo scoppio della pandemia della COVID 19 in poi, l’economia italiana è cresciuta del 12 per cento negli ultimi tre anni. Secondo Gentiloni, per proseguire lungo questo «sentiero positivo» sarà necessario un pieno utilizzo degli aiuti europei che «tanto hanno contribuito a questa spinta positiva». Tuttavia, sarà altrettanto necessaria una politica di bilancio prudente che contenga il deficit ed il debito pubblico, una politica capace di «tranquillizzare i mercati finanziari». Una politica che peraltro il governo di Roma sta già facendo. Ancora una volta insomma in Italia le previsioni ufficiali vengono contraddette dalla realtà dei fatti e devono venire aggiornate in meglio. Come mai? Molto probabilmente perché ci sono cose nella società italiana che sfuggono alle analisi fatte con modelli elaborati per altri Paesi, dove da un lato le decisioni e le catene di comando sono molto più formalizzate e dall’altro hanno un ruolo meno importante settori come il turismo ove entrano in gioco motivazioni psicologiche difficili da prevedere e da classificare. Sui comportamenti economici incidono poi largamente una quantità di criteri più influenzati dalla consuetudine che dal diritto. Nel settore delle piccole e medie imprese ha un grande spazio ad esempio l’investimento e il prestito tra parenti. Inoltre ci sono regioni molto integrate con il resto dell’Europa e regioni che fanno parte del mondo del Mediterraneo con modelli e di produzione e di consumo del tutto diversi tra loro. Applicando a realtà tanto differenti i medesimi modelli di analisi evidentemente troppe cose sfuggono, e interi settori economici finiscono per essere poco percepiti.