L'editoriale

La forza del Pardo nasce dal confronto

La 78. edizione del Locarno Film Festival si è chiusa dopo undici giorni intensii, durante i quali decine di migliaia di spettatrici e spettatori hanno potuto scoprire opere realizzate da cineaste e cineasti provenienti da oltre cento Paesi diversi
Antonio Mariotti
17.08.2025 21:00

La 78. edizione del Locarno Film Festival si è chiusa dopo undici giorni intensi, durante i quali decine di migliaia di spettatrici e spettatori hanno potuto scoprire opere realizzate da cineaste e cineasti provenienti da oltre cento Paesi diversi. Ciascuno dei partecipanti si è costruito il proprio percorso personale, avendo la possibilità di apprezzare, detestare, appassionarsi o restare indifferente di fronte ai singoli film ma soprattutto di fare confronti tra le diverse culture, mentalità, situazioni politiche ed economiche, modalità di approcciarsi agli altri, alla vita o alla morte sfilate sugli schermi. Un aspetto che è al centro di uno dei migliori lungometraggi del Concorso di quest’anno («Yakushima’s Illusion» della regista giapponese Naomi Kawase) incredibilmente ignorato dalla giuria ufficiale, in cui il confronto tra la cultura nipponica e quella europea passa direttamente attraverso gli occhi di una dottoressa francese. Sensazioni che si possono provare anche alla fine di una giornata festivaliera durante la quale si è passati, ad esempio, da un film vietnamita a uno svizzero per finire con una pellicola iraniana. Questa è una delle forze intrinseche e imprescindibili di una manifestazione come il Festival di Locarno che, attraverso il cinema che propone e la presenza dei suoi artefici, amplia a dismisura gli orizzonti culturali, estetici ed umani di chi osa intraprendere questa avventura non sempre comoda né soddisfacente ma di certo arricchente. Un’avventura che ha rappresentato una breve ma preziosissima parentesi felice di serenità e di solidarietà per i molti professionisti giunti quest’anno a Locarno in provenienza da Paesi dove imperversano guerre, sono impunemente in corso genocidi o dove la libertà d’espressione è bandita o in grave pericolo.

Quella conclusasi ieri era l’edizione numero 78. Il che significa che all’importante e simbolico traguardo dell’ottantesimo manca un solo Festival, quello che si terrà dal 5 al 15 agosto 2026. E se pensiamo alla ventilata (ma ancora incerta) possibilità che nel 2027 Locarno 80 anticipi il proprio inizio di una o due settimane, anche in questo ambito, la forza del Pardo deve nascere dal confronto – chiaro ed aperto – con gli altri grandi appuntamenti cinematografici della stagione. Al di là dei problemi logistici, organizzativi e di opportunità a livello locale, gli organizzatori devono chiedersi se questa piccola rivoluzione avrà delle ripercussioni concrete sull’attrattività della rassegna e sul prestigio dei personaggi che potrebbero sbarcare sulle rive del Verbano. Olivier Assayas, Kathryn Bigelow, Guillermo Del Toro, Jim Jarmusch, Yorgos Lanthimos, François Ozon, Park Chan-wook? Chi tra questi grandi cineasti, che a partire dal 27 agosto presenteranno le loro nuove opere in concorso all’82. Mostra di Venezia, sceglierebbe di venire a Locarno se il Festival iniziasse a luglio? Difficile dirlo oggi: le dinamiche dell’industria cinematografica sono troppo complesse per poter fare previsioni a lungo termine. È certo però che al Pardo non potrebbe che far bene allontanarsi dal Leone veneziano. Sarebbe un modo per non più considerarsi come un semplice prologo in tono minore della grande kermesse che va in scena in Laguna. Un modo per cercare di stabilire un confronto più equo, non più di sola sudditanza, magari non sempre facilissimo tra due felini, già in là con gli anni ma tuttora pronti a sfoderare gli artigli quando non si può fare altrimenti. Con il Pardo che avrebbe comunque in mano l’atout imbattibile di Piazza Grande: luogo di incontri magici sotto le stelle (come quello di venerdì scorso tra i due registi iraniani dissidenti Mohammad Rasoulof e Jafar Panahi) da preservare in tutti i suoi dettagli. Cercando magari anche di risolvere una volta per tutte il problema di quelle decine e decine di sedie al centro della platea, lasciate troppo spesso vuote da invitati e accreditati, che stridono con l’affollamento generale. È vero che la pelliccia del Pardo è maculata, ma queste macchie non gli fanno onore.

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