Il commento

La frattura dell'Occidente

Abbiamo pesantemente perso potere ed efficienza sia economicamente che tecnologicamente e vi sarebbe pure qualche ragione per serie riflessioni autocritiche e cambiamenti di indirizzo sarebbero stati più che opportuni
Tito Tettamanti
Tito Tettamanti
27.12.2025 06:00

La Storia del mondo è il riflesso degli scontri tra civiltà e loro culture. Un ruolo importante ha avuto ed ha tutt’ora la civiltà occidentale nata sulle sponde del Mediterraneo traversando più tardi l’Atlantico per assorbire il continente americano. Grandi luci, grandi ombre, fasi alterne accompagnano notevolissimi successi e progressi dovuti, dice lo storico contemporaneo Niall Ferguson, alla competitività, alla scienza, democrazia, medicina, consumismo ed etica del lavoro.

Nello scorso secolo l’Occidente ha saputo resistere, sconfiggendole, alle pericolosissime deformazioni cresciute e sviluppatesi nel suo alveo con le dittature nazista e fascista, e più tardi ha fatto fallire il comunismo sovietico ai confini orientali. A questo risultato hanno contribuito in modo determinante gli Stati Uniti, la parte moderna dell’Occidente, con il sacrificio dei loro soldati e la potenza della propria economia ricordando anche il Piano Marshall. Un Occidente sia pure con i soliti contrasti in famiglia, gli americani alle volte prepotenti, gli europei con ambienti intellettuali e politici che credevano di dimostrare la loro indipendenza con snobistici atteggiamenti anti-atlantici. Succede, come detto, in ogni buona famiglia, specie quando arriva il declino.

Nel mese di dicembre gli USA hanno pubblicato quello che ogni amministrazione americana all’inizio del quadriennio rende noto: la NSS (National Security Strategy) e con questo documento ha dichiarato a chiare lettere la rottura dell’Occidente come sinora concepito. L’NSS non è sicuramente un testo concepito da Trump, e chi bene lo conosce insinua che possa non averlo neppure letto, o letto distrattamente. Ciò che deve preoccupare è il fatto che è l’espressione della classe oggi al potere a Washington, di coloro che hanno le leve di comando e dirigono il Paese. Non è una sfuriata «trumpiana» che può essere soggetto al mutar di parere, è l’espressione della linea politica odierna che gli USA intendono applicare e si parla anche d’Europa. Dobbiamo però stare attenti a non lasciarci distrarre dalla brutalità ed inaccettabilità in alcuni passi della forma dimenticando la sostanza. L’irritazione in sé non deve servirci da pretesto per non affrontare il fondo dei problemi veri. Il testo USA contiene anche critiche simili a quelle di Draghi nei confronti dell’UE, accolte da tutti con approvazione e plauso ma che non hanno avuto seguito alcuno.

Il fatto che noi europei si abbia messo a carico della Nato le spese per la nostra difesa militare è una critica fondata già espressa dai predecessori di Trump, e che di conseguenza oggi noi ci si trovi disarmati ed incapaci di giocare un ruolo effettivo e influente nelle trattative per l’Ucraina è solo colpa nostra.

Nel 2000, ai tempi di Barroso Presidente della Commissione europea, l’UE ha proclamato di voler in dieci anni diventare campione del mondo nel campo economico e tecnologico.

È successo tutto il contrario, abbiamo pesantemente perso potere ed efficienza sia economicamente che tecnologicamente e vi sarebbe pure qualche ragione per serie riflessioni autocritiche e cambiamenti di indirizzo sarebbero stati più che opportuni.

La nostra preferenza per la burocrazia asfissiante, espressione dell’inclinazione statalista, i dibattiti nei quali la realtà veniva sacrificata ai pregiudizi, non privi di fanatismi ideologici hanno rovinato ad esempio l’industria automobilistica, e influito negativamente sulla nostra attività imprenditoriale in genere. Ricordiamo gli entusiasmi per il costoso «green deal» a proposito del quale la Commissione UE, visto i danni, sta recedendo. L’atteggiamento di principio anti-multinazionali americane della Commissaria Vestager non sfuggiva ad un esame che non fosse superficiale.

Il capitolo delle immigrazioni, che hanno raggiunto dimensioni preoccupanti e creato gravi problemi sociali, senza dimenticare l’aspetto dell’aumento della criminalità, è sotto gli occhi di tutti ed è la conseguenza di politiche errate nostre, non degli USA che al proposito ci criticano.

Vi è poi un passaggio al quale i commentatori hanno dedicato minor attenzione. È l’espressione di sostegno dell’amministrazione Trump per i movimenti di destra e di protesta che negli anni recenti hanno avuto notevole successo elettorale in Europa. Viene sottolineata con questa presa di posizione un’altra duplice rottura realizzatasi sia negli USA quanto in Europa. Quella del dibattito con il progressismo di sinistra che aspira ad una nuova società con neolingua, cancel culture, annullamento della genetica riassunti concettualmente nel termine «woke» e che lacera, anche se con accenti diversi, entrambi i continenti. Si dovrà tornare sul tema.

Arnold Toynbee, il grande storico, parla di suicidi della civiltà quando le élites, i dirigenti non sono più in misura di rispondere con sufficiente creatività alle sfide con le quali sono confrontati.

I problemi nostri, e sono molti e gravi, non si risolvono dando del villano agli USA quasi fosse colpa loro, ma impegnandosi a cambiare quelle politiche che ci hanno portato a questa preoccupante situazione. Altrimenti diventeremo un continente che offre storia e turismo. La gente ci visiterà come noi visitiamo Istambul, città affascinante e che la storia ci dice si chiamava Costantinopoli ed era una capitale della cristianità.